Prendiamoci la nostra legittima vendetta

Quanto somiglia all’Italia di oggi la distopica Inghilterra plasmata trent’anni fa da Alan Moore e David Lloyd, nel romanzo a fumetti “V for vendetta”. Più che un’intuizione, un presentimento, un sogno premonitore. Sebbene la catastrofe nucleare non ci sia stata, il secondo ‘900 ci ha consegnato la terza guerra mondiale, “fredda” per convenzione ma termo-distruttiva e stragista negli effetti. E di recente il neoliberismo ha prodotto il quarto conflitto globale ancora in atto, contro i sud, le risorse naturali, l’umanità residua.
Eccoci allora depressi e compiaciuti d’essere avvinghiati dalla “società artificiale”, soggiogati da quello che Renato Curcio definisce “impero virtuale”.
Milioni di esseri viventi pilotati, profilati, controllati a distanza, assediati da paure indotte, incapaci di dar vita alla pur minima forma di resistenza sociale. Ci sballiamo di like, siamo onanisti a caccia di esperienze dopaminergiche, messaggi capaci di soddisfare le aree del cervello deputate al piacere. Ondate di odio represso dilagano ringalluzzite da leader armati di macchinette per il controllo a distanza, che valorizzano le nostre solitudini.
“Non permetto che si parli di libertà, né sociale, né individuale. Questi sono lussi. Io non credo ai lussi. La guerra ha messo fine ai lussi. La guerra ha messo fine alla libertà. L’unica libertà rimasta al mio popolo è quella di soffrire la fame. La libertà di morire, la libertà di vivere in un mondo di caos. Dovrei concedere loro questa libertà? Penso di no”, monologa il Leader del fascismo instaurato nella realtà immaginata da Moore. Impossibile sfuggire alla tentazione di vedervi delle analogie col presente. Così ritroviamo i nostri paesaggi violati, l’acqua e la terra devastate, un intero Paese svenduto alle multinazionali, ragazzi sballottati dagli aguzzini del terzo settore per pochi euro, i ponti che crollano, le donne picchiate o assassinate da italianissimi mariti-fidanzati-conviventi spesso arruolati nei corpi armati dello Stato, vicini di casa asserragliati col fucile dietro il filo spinato e sistemi d’allarme perpetuo, migranti detenuti o sfruttati o lasciati annegare.
Di fronte a cotanto squallore, sogniamo un supereroe che ci liberi, un personaggio dal volto coperto, che magari sbuchi dal nulla e si diverta a braccare sia i padroni di sempre sia i loro sciocchi servitori annidati entro comode tane rinfrescate da pestiferi condizionatori d’aria. Fatichiamo ad ammetterlo, ma coviamo vendetta. Tifiamo per la maschera beffarda, facendo nostro il suo motto: “La giustizia nulla significa senza la libertà”.
Claudio Dionesalvi

             23 settembre 2018. Con Mr. David Lloyd

1 Comment
  • Barbara De Santis
    settembre 23, 2018

    Grande penna e grande articolo come sempre. E purtroppo delineati la cruda realtà. Ti stimo sempre di più.

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