Cosenza, in 2mila per dire no alla metro

Doveva e poteva essere uno strumento per unire i centri di un’area urbana. È diventata una barriera politica ed urbanistica. Appare sempre più ingarbugliata la vicenda del progetto di realizzare una “Metro leggera” per collegare le città di Cosenza e Rende con l’università di Arcavacata. Negli anni scorsi fortemente piaciuta alle potenti famiglie politiche dei Principe e dei Gentile, da qualche tempo l’idea di realizzare questa grossa infrastruttura è entrata nell’agenda del governatore della Calabria, Mario Oliverio (PD) e del sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto (Forza Italia). Più che di una metropolitana, si tratta di un tram. Centosessanta i milioni di euro destinati alla realizzazione dell’opera. Appalto aggiudicato alla CMC di Ravenna ed alla spagnola CAF SA. Pochi giorni fa è stato sufficiente aprire il cantiere ed è scoppiato il finimondo tra i due partner politici, bipartisan quando devono attingere alle risorse, ma divisi da interessi e prospettive differenti. Sul versante cosentino la Metro a cielo aperto occuperà la principale arteria stradale, il viale voluto dal compianto sindaco socialista Giacomo Mancini, a lui intitolato. Dopo una gestazione difficile, con tanto di inchieste giudiziarie sulle modalità ed i materiali impiegati per portarlo a termine, finalmente divenuto percorribile, il viale aveva ormai assunto la funzione di principale arteria stradale. Ma l’apertura del cantiere della Metro ne ha comportato la paralisi. A farne le spese il traffico cittadino, andato in tilt perché riversatosi nel centro del capoluogo bruzio e nella vicina via Popilia. Notevoli i disagi, considerando che ogni mattina i 70mila abitanti scarsi della città lievitano a quota 250mila per effetto dell’apertura delle scuole, degli uffici e delle attività commerciali.
Dall’asfalto alle tastiere degli smartphone ed agli uffici stampa: la tensione si è trasferita nelle stanze della politica. L’avvio della fase esecutiva del progetto Metro, cui inizialmente il sindaco Occhiuto diceva di essere contrario, è infatti il risultato di uno scambio di concessioni tra lui e il governatore Oliverio. In cambio del nulla osta del Comune alla costruzione della Metro, la Regione ha dato il via libera alla trasformazione dell’ex Hotel Jolly, sede centrale dell’Aterp, di sua proprietà, nel museo che Occhiuto vuole dedicare ad Alarico, il condottiero visigoto, invasore di Roma nel V secolo, secondo alcune fonti antiche deceduto nei dintorni di Cosenza. La sepoltura, com’è noto, non è stata mai ritrovata, ma di questi tempi basta il nome per costruire un brand. Occhiuto lo vuole sfruttare, anche per cancellare dal panorama l’edificio che in effetti deturpa il suggestivo restante scenario del centro storico. I lavori di parziale abbattimento e concreta trasformazione dell’immobile erano appena iniziati, quando su ricorso dell’Aterp il TAR ha bloccato tutto: non spettava ad Occhiuto ordinarli. Oliverio lo accusa inoltre di non avere ancora versato la prima rata degli 800mila euro che il Comune dovrebbe spendere per acquisire la proprietà dell’immobile. Il Sindaco replica che gli accordi non erano questi e che in sostanza la Regione avrebbe dovuto donare l’edificio al Comune. Come ritorsione, minaccia di bloccare a sua volta il cantiere della Metro. In mezzo allo scontro, tutta da chiarire è la vicenda dell’appalto da 3.318.272 euro per la realizzazione dei lavori nell’ex sede Aterp, spezzettato, come sempre accade, in diversi subappalti.
Contro il progetto della Metro è attivo da anni un agguerrito Comitato che nella manifestazione di ieri ha raccolto la partecipazione di 2mila persone. Famiglie, attivisti, abitanti dei quartieri interessati dal cantiere, hanno attraversato Corso Mazzini. Su via Arabia è stato allestito un banchetto per la raccolta di firme. In programma nuove iniziative eclatanti per i prossimi giorni. I NoMetro sostengono che l’opera è inutile, insostenibile, costosa e dannosa. Rischia di fare la fine di tante altre incompiute o abbandonate al degrado, come la Città dei Ragazzi, la stazione ferroviaria di Cosenza, il parco acquatico di Rende, la strada di collegamento tra la Sila e la Sibaritide, la diga dell’Esaro e… l’elenco sarebbe ancora lunghissimo. Il comitato ha inviato al prefetto una petizione per chiedere l’annullamento del progetto Metro, “viziato da innumerevoli irregolarità”, e la conseguente chiusura del cantiere. Tutti sono consapevoli che comunque la vera cabina di regia potrebbe essere già altrove, lì dove si decidono i subappalti. In Calabria, come ormai ovunque nel resto del Paese, non c’è opera pubblica che non richiami i feroci appetiti della ‘ndrangheta.
Claudio Dionesalvi
“Il Meridione”, 22 settembre 2018

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