Le clementine (e non solo) minacciate dalla discarica

Si può bussare ancora alle porte di alcune masserie per comprare il pane appena sfornato ed un olio verde brillante. Dalle botti il vino qui sgorga da 3500 anni, dal tempo degli antichi Enotri. I divulgatori agricoli hanno faticato non poco per convincere i locali contadini ad abbassarne il tasso alcolico per collocarlo nel mercato globale. Ci sono riusciti. Confragricoltura fa notare che nell’ultimo quinquennio nel comprensorio sono sbocciate aziende vitivinicole ad un ritmo di almeno una all’anno. Non soltanto il vino, ma molti dei beni provenienti dalle terre della Sibaritide e del Pollino oggi viaggiano nel mondo. Primi tra tutti il riso e la liquirizia. Eppure sopravvivono anche nicchie di un’economia di sussistenza. Alcuni dei produttori aderiscono al Gruppo d’Acquisto Solidale «Utopie sorridenti» di Cosenza ed ogni sabato vendono ghiottonerie nel mercatino del CPOA «Rialzo». Tutti, sia chi lavora a chilometro zero che i grossi produttori, si chiedono come sia possibile far coesistere il Distretto agroalimentare di qualità ed il pescheto più grande d’Europa con il trattamento dei rifiuti.
DUBBIO AMLETICO che riemerge, dopo la conferma che a Castrovillari, in località Cammarata, la Ecologica Sud Servizi vorrebbe impiantare la sua piattaforma di smaltimento. «Rifiuti non pericolosi», secondo la società proponente. Invece in alcuni brani del progetto appare proprio l’aggettivo «pericolosi». È un refuso? Se lo chiede l’Associazione Medici per l’Ambiente che ha consegnato alla Regione Calabria corpose ed autorevoli osservazioni contro il progetto di piattaforma, firmate dal dottore Ferdinando Laghi, specialista in ematologia e medicina interna. Appare fumoso l’atteggiamento mantenuto sinora in tutta la vicenda dal Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Calabria, diretto dall’architetta Orsola Reillo.
I COMITATI CONTRARI ALLA REALIZZAZIONE dell’impianto sostengono che per la ditta proponente il tempo è scaduto: avrebbe dovuto già consegnare delle integrazioni alla propria documentazione, come richiesto dal Dipartimento Ambiente e Territorio. Oltre il termine di 45 giorni, la legge prevede infatti il diniego dell’autorizzazione da parte dell’ente regionale. Il Dipartimento aveva comunque dato 60 giorni e sono pure quelli scaduti. Invece continua l’andirivieni di posta elettronica, tra richieste di accesso agli atti e richiami ai cavilli normativi.
DI FATTO, NEI PALAZZI CHE CONTANO, nessuno si decide a chiudere la pratica, lasciando così aperta la possibilità che la piattaforma sia realizzata. Imprenditori e lavoratori del comparto agricolo e sindacati di categoria fanno notare che non sarebbe nemmeno necessaria una Valutazione di Impatto Ambientale. «Basterebbe un pizzico di buon senso – rileva Ferdinando Laghi – per capire che centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti fognari provenienti dall’intero Mezzogiorno non possono piombare in mezzo a coltivazioni di pregio come le celeberrime clementine Igp, piatto forte dell’esportazione calabrese all’estero; a pochi passi dagli allevamenti che consegnano oltre il 70 per cento del latte di tutta la regione, in una delle patrie dell’olio, sui resti di antiche ville romane». La ripresa delle iniziative industriali ha messo in agitazione i comitati. Già nel 2017, la mobilitazione fu massiccia. Il Distretto offre lavoro ad oltre 5mila persone che rischierebbero di perderlo, per cederlo alle 18 unità lavorative che sarebbero impegnate nella piattaforma. Suonerebbe anche come una beffa in un’area che vanta esempi virtuosi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani: Comuni come Saracena superano l’80 per cento nella raccolta differenziata.
NON È LA PRIMA VOLTA CHE QUESTO territorio diviene cavia di esperimenti killer per l’economia e la salubrità ambientale. In alcuni casi, come quello delle tonnellate di ferriti di zinco provenienti dal sito industriale di Crotone e interrate clandestinamente, ad operare furono gruppi criminali arruolati da pezzi di istituzioni ed imprenditori, con la complicità di alcuni proprietari terrieri. In altri contesti hanno agito direttamente le multinazionali. Nella vicina Rossano, pochi anni fa, l’Enel voleva piazzare una centrale a carbone. Le popolazioni insorsero e il progetto fu bloccato. Ma di recente ne è andato in porto un altro, nella valle del Mercure, dove è già operativo un impianto a biomasse.
LA CALABRIA È DIVENTATA LA PATTUMIERA d’Italia, territorio vergine da sfruttare: trivelle, discariche, inceneritori, grandi impianti inutili e dannosi. A far cassa i soliti gruppi nazionali ed internazionali (Astaldi, Impregilo, Cmc, Eni, A2a); a farne le spese l’intera comunità calabrese e, in essa, le fasce sociali povere. È lo «sviluppo senza gioia», nella definizione dello storico Oscar Greco. Il caso della discarica di Cammarata rischia di diventare l’ennesimo fotogramma di un film già visto.
Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti
(la foto di una produttrice di frutta ed ortaggi biologici, che aderisce al Gruppo d’Acquisto Solidale di Cosenza, è di Stefano Ammirato)

il manifesto, 3 gennaio 2019

 

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