Calabria a secco, i padroni si bevono i laghi

Il pastore in mimetica depone per un attimo il telefono e indica un cespuglio: «Quando ho iniziato ad allevare queste vacche, una decina di anni fa, l’acqua arrivava fino a quelle ginestre. Adesso che si è ritirata, le mie bestie possono pascolare sulla grande spiaggia che si è formata. Il problema è che se continua così, l’Arvo non ci sarà più». La colpa di chi è? «Della siccità – mormora il pastore –, del fatto che a certi coltivatori ne viene data troppa, ma soprattutto della corrente elettrica. Per produrne di più, ne mandano troppa nelle turbine».
A VEDERLI ORA, PROSCIUGATI e a secco, fanno una certa impressione. Da oltre cent’anni i laghi della Sila incorniciano la meravigliosa foresta di Calabria. Furono creati negli anni venti e si sono perfettamente integrati nel contesto ambientale circostante. Nati per lo sfruttamento idroelettrico dei corsi d’acqua silani, questi invasi artificiali hanno finito per acquisire una notevole valenza turistica.
I PIÙ IMPORTANTI SONO l’Ampollino, l’Arvo ed il Cecita. Ma una citazione la meritano anche i minori: il lago di Ariamacina, il Volturino, il Savuto e il Serbatoio del Passante. Ora sono soltanto delle immense distese vuote. Non è solo una questione di siccità. Ma di gestione predatoria dei beni comuni e ambientali. D’altronde, è il capitalismo! Che bellezza: privatizzare i profitti e socializzare i danni. E così può accadere che in Calabria la regione sia sulla carta proprietaria dell’acqua dei laghi, ma poi nei fatti sia una multinazionale a decidere sugli invasi.
Il manifesto si occupò della questione nelle edizioni del 5 settembre 2013 e del 24 luglio 2021. Tutto parte da lontano. In base a una suicida convenzione del 1969 fu la regione ad affidare ai privati la gestione dei bacini della Sila che alimentano le centrali idroelettriche e che rilasciano l’acqua per scopi irrigui e idropotabili ai consorzi di bonifica. La multiutility, titolare della concessione fino al 2029, è A2A Spa, sede a Milano e affari in Calabria e all’estero, fatturato miliardario e quotazione in borsa.
«A2A È SEMPRE DI PIÙ padrona assoluta dell’acqua silana. Svuota i laghi e la regione, che dice di non saperne niente, ora è costretta a mettere le toppe. Siamo attoniti e sconfortati». Così esordisce Roberto Torchia, presidente del Consorzio Ionio crotonese, a seguito dell’incontro in regione di fine ottobre. L’acqua in grado di soddisfare usi agricoli e domestici è pochissima.
«Tra 10 giorni non ce ne sarà più in tutto il territorio del crotonese», dicono in regione. L’ente, amministrato dal centrodestra, ha chiesto invano ad A2A di farsi promotore presso Terna per ottenere lo svincolo dei 3,2 milioni di mc destinati alle emergenze energetiche. Ma sono lamentazioni disperate, nulla più. Anche perché la situazione è drammatica. E non da ora. Chi doveva controllare non l’ha fatto. E tutto avviene in barba alla legge che gradua le priorità: prima le necessità potabili, poi quelle irrigue e successivamente quella idroelettrica se compatibile con le prime due.
LA CARENZA IDRICA continua così a tener banco a queste latitudini, tra bacini all’asciutto e pompaggi da effettuare dai pozzi per evitare danni irrimediabili alle colture. E non va meglio per la potabile. Acqua col contagocce e colture compromesse. Il Consorzio minaccia di trascinare in tribunale A2A. Secondo la convenzione la multinazionale dovrebbe rilasciare da giugno a settembre a valle della centrale idroelettrica di Magisano 24,6 milioni di metri cubi di acqua. E, ai sensi del Testo unico ambientale, se la disponibilità dell’invaso dovesse risultare inferiore alla capienza iniziale, la società sarebbe obbligata a sospendere l’esercizio degli impianti. Invece lo sfruttamento intensivo dei laghi ha messo in ginocchio contadini e utenti.
UNA GUERRA DELL’ACQUA in cui a perdere sono gli ultimi della catena. «La regione dovrebbe obbligare A2A a conservare l’acqua nei due invasi che nascono come serbatoi artificiali di accumulo. Dei 130 milioni possibili di invasamento oggi ne registriamo, per ammissione di A2A, 4 milioni. Siamo davvero all’assurdo e alla vergogna. La regione continua a non valorizzare uno dei principali beni di cui dispone», conclude Torchia.
SI DIFENDE LA MULTINAZIONALE: «Diversamente da quanto affermato dal presidente del Consorzio Ionio crotonese, la carenza di acqua nei due laghi silani è stata generata da cause esogene e non dall’attività del Gruppo A2A. Si precisa che il prolungato periodo di siccità ha impattato fortemente sulla produzione idroelettrica». E rilancia: «Per quanto riguarda la proposta avanzata dal dipartimento Territorio e Tutela dell’ambiente di attivare tutte le procedure per lo svincolo di 3,2 milioni di mc, informiamo che A2A sta preservando tali quantitativi al fine di garantire disponibilità di energia sufficiente per supportare il Piano di Riaccensione del sistema elettrico in caso di eventuale blackout, in linea».
ARGOMENTAZIONI e promesse che però non convincono Ferdinando Laghi, capogruppo di “De Magistris Presidente” in consiglio regionale. «La società ha letteralmente prosciugato i due laghi silani per produrre energia elettrica, avendo come unico obiettivo la massimizzazione dei guadagni – afferma – siamo in una regione che produce quasi il triplo dell’energia che consuma, senza per altro trarne alcun beneficio. Come è possibile – si chiede Laghi – che in tutto questo tempo la regione non si sia accorta dello “scippo” in atto ai danni dei bacini idrici della Sila? E che, addirittura, si parlasse di “rapporti positivi con A2A, improntati al reciproco rispetto”? Chi non ha adeguatamente vigilato, affinché tutto ciò non accadesse? Su tali aspetti è necessario che sia fatta ampiamente chiarezza e, proprio a tale scopo, sto predisponendo un’apposita interrogazione al presidente della Giunta regionale, Occhiuto, in merito all’operato della A2A».
Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti,

il manifesto, 9 novembre 2022

 

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