Cutro, la protesta dei peluche contro le auto blu

L’aereo di Stato sorvola i cieli con vista Jonio ed atterra ad una manciata di chilometri dalla spiaggia di Steccato. L’aeroporto Sant’Anna di Crotone è un luogo di geometrica potenza suggestiva delle politiche migratorie di questi anni. Davanti all’aerostazione civile c’è infatti un’ex base militare. Dagli anni ’90 del secolo scorso è stata convertita in luogo concentrazionario degli asilanti. Prima Cpt, poi Cie, ora Cara. È qui che sono stati parcheggiati i sopravvissuti del 26 febbraio. Non tanto un “carico residuale”, piuttosto una zavorra d’ingombro. Fino a ieri erano reclusi in due magazzini, un hotspot improvvisato: metà a dormire sui letti e metà su panche rabberciate. Donne e minori in mezzo agli uomini adulti. Il bagno in comune. Le pareti scrostate, nessun riscaldamento. Niente lenzuola. Niente scarpe chiuse. C’è voluta un’ispezione parlamentare per ridar loro un letto ed una condizione degna. La carovana di palazzo Chigi, in testa la premier, non si ferma a visitarli, svolta a  sinistra sulla statale Jonica, e muove in direzione Cutro.
La spiaggia della morte dista una dozzina di chilometri dal palazzo del Municipio. Una strada tortuosa, nell’altipiano del Marchesato di Crotone. Le dune giallo ocra e lo “scenario da western”, come ebbe a scrivere Pasolini in una delle sue tante incursioni a queste latitudini, si adattano alla giornata cutrese del governo.
Volano pupazzi di bambini contro il passaggio delle uomini e delle donne del governo davanti al presidio di protesta. Un peluche sfiora l’auto blu su cui viaggia la presidente del consiglio. Molti balconi presentano il drappo bianco. È il simbolo della protesta silenziosa. I circa 200 manifestanti arrivati perlopiù dal resto della Calabria, urlano “assassini” e “dimissioni” all’indirizzo del ministro Piantedosi. Cutresi ce ne sono pochi. Il sindaco del paese è un vigile urbano in pensione. Da subito si è schierato con Piantedosi.  “Siamo rimasti in 10mila a vivere qui. In 20mila se ne sono andati al nord tra gli anni settanta ed ottanta”, ci spiega Tina, pensionata, ex dipendente della Regione Emilia Romagna. In fondo alla piazza una claque formata da un drappello di giovani iscritti a Fratelli d’Italia e alla Lega, provenienti dai centri vicini, cerca di conquistare i microfoni delle Tv nazionali. Familiarizzano con gli agenti dell’imponente servizio d’ordine allestito per garantire il transito indisturbato  dei componenti il consiglio dei ministri. La digos teme un lancio d’uova marce. Il reparto celere circonda il presidio dei contestatori e tenta invano di farli indietreggiare a distanza di sicurezza dal passaggio delle auto.
Tra i manifestanti c’è Domenico Voce, cutrese Doc, molto attivo nello sport popolare e nell’associazionismo. “Sono morte 72 persone che si potevano salvare – spiega Voce – . Questo governo non ha voluto onorare le loro bare. Adesso è venuto a lavarsi la coscienza. Le persone naufragate davanti alle nostre coste hanno avuto un destino simile a migliaia di calabresi. Noi qui aspettiamo lo Stato dal 1946. Tantissimi nostri corregionali sono emigrati per mancanza di lavoro e prospettive. Ecco perché sappiamo bene che se non cambiano le politiche migratorie, non esiste una soluzione possibile. Gli scafisti devono essere arrestati. Su questo siamo tutti d’accordo. Ma le persone in mare devono essere aiutate. È un principio di umanità che non si discute”.
Intanto la piazza è attraversata dal secondo trenino di auto blu. Parte un’altra bordata di fischi, imprecazioni e slogan contro il governo. Tra le più rumorose, la comitiva dei crotonesi che in questi giorni hanno condiviso da vicino la tragedia dei familiari dei naufraghi, intorno al Palamilone. “Sono ancora scioccato per quello che ho visto nelle ultime ore – spiega Raffaele Muraca, storico attivista sociale crotonese -. Ho conosciuto i familiari afgani delle vittime. Hanno tanta dignità negli occhi. E continuano a chiedersi come sia stato possibile che tutto ciò sia avvenuto. L’unico elemento di conforto, in tutta questa immane tragedia, è la solidarietà spontanea delle famiglie crotonesi nei confronti di questi uomini e donne. Ieri notte ho visto con i miei occhi dei signori che portavano coperte e generi di prima necessità ai familiari delle vittime, accampati nei pressi del Palamilone. C’è stato chi ha aperto la propria porta di casa per ospitarli e non lasciare che dormissero all’aperto”.
Mentre il CDM è in corso di svolgimento, si formano dei capannelli. Presenti anche i portavoce di alcune delle comunità migranti insediatesi in Calabria. “Poco è cambiato da quando 25 anni fa sbarcammo su queste cose – racconta il curdo Talip Heval -. L’Europa ha elargito 9 miliardi al dittatore turco Erdogan per detenere migliaia di esseri umani provenienti dai Paesi come l’Afganistan, dove gli eserciti occidentali hanno seminato morte e disperazione, lasciando al potere i talebani. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: 25mila morti annegati nel Mediterraneo e nessuna reale volontà politica di affrontare la questione. Sabato noi saremo di nuovo qui, parteciperemo alla manifestazione nazionale”.
Cala il tramonto su Cutro. Soltanto pochi curiosi rimangono in piazza per assistere al controesodo delle auto governative. Nella piazza che celebra Giò Leonardo Di Bona, campione cutrese di scacchi, si ha la consapevolezza che la partita si è già conclusa con una grave sconfitta per l’umanità intera. Sulla spiaggia di Steccato di Cutro. Dodici giorni fa.
Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti

il manifesto, 10 marzo 2023

 

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