Il Pollino trema: sfollati e un morto

Un anziano 84enne morto d’infarto a Scalea, migliaia di persone che hanno dormito in macchina, evacuato l’ospedale di Mormanno, una fuga di gas nella centrale elettrica di Rotonda, black out a  Castrovillari, scuole chiuse, lesionati gli edifici antichi in diversi comuni. È questo il primo bilancio della violenta scossa di terremoto che all’una e cinque della notte tra giovedì e venerdì ha colpito il Pollino, la suggestiva barriera montuosa che sorge tra Calabria e Basilicata. I sismografi hanno registrato una magnitudo pari a 5.0 gradi della scala Richter.
Per fortuna la forte vibrazione è durata poco, altrimenti forse ieri i soccorritori avrebbero dovuto fare i conti con uno scenario apocalittico. Da queste parti è opinione diffusa che «se arriva una botta come quelle dell’Abruzzo o dell’Emilia, qui non rimane una pietra in piedi». In provincia di Cosenza tale consapevolezza è unanime, ma il problema adesso è vissuto soprattutto dalle popolazioni della fascia settentrionale. Sono ormai due anni che “ballano”. Le scosse si susseguono con una frequenza inquietante. E tutti si chiedono quando arriverà la più forte. La paura scavalca persino l’abitudine antropologica alla minaccia del terremoto, che le genti di Calabria hanno sviluppato nei millenni. E poi le tragedie verificatesi a L’Aquila e in Emilia hanno fatto scuola. Stavolta, nessun responsabile della sicurezza invita la gente a rientrare nelle case: una scossa più forte non si può prevedere, ma neanche escludere.
Tra i paesini spalmati sul Pollino, la tensione è altissima. Se fossero colpiti da un evento di intensità superiore, le difficoltà per raggiungere alcuni centri sarebbero enormi. Mancano collegamenti sicuri. Molte strade interne sono state distrutte o danneggiate dalla alluvioni degli ultimi inverni. Tardano ad arrivare gli interventi di ripristino delle infrastrutture. Sul versante  calabrese, comuni come San Lorenzo Bellizzi, Alessandria del Carretto o Plataci, sarebbero tagliati fuori.
Dunque le preoccupazioni non sono prive di fondamento. È noto che tutto, o quasi, quaggiù è stato costruito col permesso o la supervisione delle ‘ndrine. Non c’è sassolino di sabbia o granello di cemento che siano usciti dai silos, per entrare nei cantieri, senza il controllo della malavita. Da sempre i grandi gruppi dell’edilizia multinazionale si servono di questo spaventapasseri per protrarre all’infinito l’esecuzione dei lavori, risparmiare sulla qualità dei materiali, e succhiare fino in fondo il denaro degli appalti pubblici. Lo attestano numerose inchieste giudiziarie recenti, ma non ce ne sarebbe bisogno. Basta dare un’occhiata ai “criteri” con cui s’è costruito e si continua a costruire. Case e palazzine spuntano come funghi su montagne d’argilla, a ridosso di spiagge e torrenti, alla faccia di piani regolatori e norme urbanistiche. Del resto, è stata la legge del ’98 a consentire verifiche «a campione» sulla stabilità degli edifici realizzati. Ecco perché in Calabria la percentuale delle strutture in cemento, sottoposte a controlli, non supera il 4 per cento. Sin dal 1994 gli “azzeccagarbugli” del governo regionale hanno annullato l’obbligo di richiedere l’autorizzazione a costruire, sostituendolo con una generica «dichiarazione d’inizio attività». Nessuna delle Giunte che si sono avvicendate negli ultimi due decenni, ha provveduto a imporre una normativa con gli attributi. Guai a inimicarsi i padrini del cemento! Ci sono zone, come l’area di Cosenza, dove i costruttori operano su mandato divino. Basti dare un’occhiata a quanto sta accadendo lungo l’argine destro del fiume Crati, dove di fatto dovrebbe sorgere una nuova città che però non si capisce ancora da chi e come sarà abitata, visto che l’economia del mattone, qui come altrove, registra una crisi epocale. L’attuale presidente della Calabria Scopelliti ha impiegato due anni dal suo insediamento, prima di dare il via alla legge sismica regionale. È un provvedimento che rischia di restare privo di qualsiasi applicazione pratica, almeno fino a quando il problema della prevenzione antisismica non sarà elevato al rango di priorità assoluta, concedendo ai tecnici sia gli strumenti adeguati sia la necessaria protezione per potere attivare i controlli.
Intanto, già da qualche settimana molti sindaci stanno cercando di correre ai ripari, il comune di Cosenza, dove la scossa proveniente dal Pollino si è avvertita forte e chiara, annuncia per lunedì prossimo la distribuzione a tappeto del vademecum sul piano di evacuazione. La situazione più critica si vive nel centro storico, dove circa settemila persone abitano in case antiche, pericolanti, addossate l’una sull’altra. Pochi anni or sono, quasi a voler esorcizzare la paura, il professor Franco Piperno ipotizzava che i Bruzi, antichi abitanti di queste terre, abbiano costruito i loro casali fortificati in località strategiche, dove il “colpo di frusta” conseguente ad un evento sismico si abbatterebbe con minore potenza. Dunque non rimane che sperare nella saggezza antica. Non è casuale che la patrona della città di Cosenza, la Madonna del Pilerio, da secoli attragga su di sé un’immensa devozione popolare proprio in virtù della sua presunta capacità di salvaguardare la città dagli effetti dei frequenti terremoti. In occasione di devastanti eventi sismici che hanno colpito la regione nei secoli XIII, XVIII e XX, avrebbe disteso la sua mano protettrice su questo lembo di Calabria, Sarà una coincidenza, ma nelle ultime ore il pellegrinaggio dei fedeli che chiedono la grazia al quadro miracoloso del Pilerio, è ripreso senza sosta. In assenza di istituzioni serie, soltanto ai miracoli ci si può affidare.
Claudio Dionesalvi
il manifesto, 27 ottobre 2012

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