È nata “libertà”

Sono 21 amici, riuniti intorno ad una tavola rotonda, ma non stanno organizzando il veglione dell’epifania, tantomeno pianificano una rapina. Sono i membri della neonata cooperativa “Libertà”, una società creata dal basso, con un nome che vuole esprimere «la libertà che si può ottenere solo con un posto di lavoro».
Per formare la cooperativa, il presidente Francesco Bevilacqua non ha chiamato a raccolta amici e parenti, ma si è rivolto alle «persona veramente bisognose alle strutture che potevano segnalarle». Hanno lo sguardo profondo e dallo scorso autunno esprimono persino la voglia di pensare al futuro: da quando, cioè, si sono resi conto che la loro iniziativa potrebbe essere sostenuta dall’amministrazione comunale. «Siamo ex detenuti, semiliberi, persone soggette agli arresti domiciliari, padri di famiglia senza un reddito, ex tossicodipendenti e qualcuno ha avuto problemi di disagio mentale – dice Tonino, 38 anni, disoccupato – e abbiamo fiducia nell’umanità del sindaco Mancini, che ha già risolto la situazione di tanti, come noi, con grossi problemi sociali. Il nostro unico obiettivo è lavorare». «Ho tre figli – afferma Domenico, 42 anni – e non voglio che da grandi vadano a rubare. Tutti i bambini prendono esempio dagli adulti e sono certo che se riusciranno a trovare un posto di lavoro, non sceglieranno brutte vie».
Provengono da Via Popilia, Panebianco, Gergeri, San Vito e centro storico, e sperano che il loro progetto sarà inserito nei programmi comunali di manutenzione e pulizia urbana, servizi per la vivibilità nei quartieri, assistenza alle persone. «Siamo disposti – dice Ciccio – a fare qualunque cosa, persino sturare i bagni». La cooperativa nasce anche grazie ad una speciale convenzione, stipulata con il centro servizi sociali per adulti del ministero di Grazia e Giustizia, diretto dal dottor Emilio Molinari. Con quest’accordo, sono stati segnalati alcuni nominativi di persone svantaggiate, che oggi sono diventati soci della cooperativa e «si spera che quando inizieremo a lavorare – precisa Giovanni – altri se ne potranno aggiungere». Per esempio, il caso di un ragazzo, Armando, che pur avendo terminato da tempo di scontare una pena in carcere, è ancora internato, perché non riesce a trovare un lavoro ed è sottoposto a “sorveglianza detentiva”. «Un nostro socio, attualmente detenuto a via Popilia – racconta Franco – ha aderito alla cooperativa e la sua libertà dipende anche dall’approvazione del progetto che, stando alle previsioni, potrebbe partire al più presto».
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 5 gennaio 1999

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