Nord e sud uniti nella casa. Che non c’è

Ventimila stanze vuote, oltre cinquecento palazzi disabitati nell’ampia area urbana di Cosenza, decine di milioni di tasse non versate dai palazzinari, centinaia di famiglie vivono in edifici fatiscenti, ottocento sfratti esecutivi nel 2012. Una volta tanto, concordano i dati forniti dal ministero dell’Interno, dalle procure della Repubblica, dagli esperti di urbanistica e dai movimenti spontanei che praticano il conflitto sociale: a Cosenza l’emergenza abitativa è lo specchio della ricchezza e del disagio. C’è la ricchezza ostentata, alla faccia della “crisi”, da poche famiglie che lucrano da decenni gestendo il calcestruzzo benedetto dalla ‘ndrangheta. E c’è il disagio di tantissimi che non possono permettersi né un mutuo né un affitto.
Tre i palazzi restituiti all’umanità, 51 i nuclei familiari, per un totale di circa 120 persone, che aderiscono al comitato Prendocasa e vivono all’interno di edifici occupati. L’ultimo è stato “recuperato” il 31 ottobre scorso, proprio in occasione della conferenza Stato-regioni tenutasi a Roma sul diritto all’abitare. È un ex istituto delle Canossiane, abbandonato da tre anni, già in vendita, sul quale si concentrano gli appetiti degli imprenditori delle cliniche private. Ed è proprio qui che in questo week end si terrà una delle due assemblee nazionali della rete “Abitare nella crisi”, promotrice, insieme ad altre strutture, della mobilitazione dello scorso 19 ottobre contro la precarietà, l’austerity e le grandi opere, a favore del diritto all’abitare. L’assemblea per il sud si svolgerà a Cosenza, quella settentrionale a Torino.
Il documento che convoca il duplice incontro, parla chiaro: “La questione dell’uso delle risorse, una sola grande opera casa e reddito per tutti e tutte, interessa molte realtà sociali impegnate nelle città e nei territori, non solo quelle impegnate tout court nell’emergenza abitativa tra sfratti, pignoramenti e sgomberi, ma anche coloro che lottano contro lo sversamento selvaggio dei rifiuti e la gestione dell’igiene ambientale, l’invasività di infrastrutture o eventi costosi inutili, la cementificazione e lo sfruttamento di intere aree geografiche. Per non farla lunga, non possiamo immaginare questi momenti solo come confronto nella lotta per la casa ma come declinazione più larga di quel diritto all’abitare negato dalla Val di Susa a Palermo e nell’affermazione di pratiche di riappropriazione e sovranità sociale diffusa”.
Ogni territorio presenta tratti comuni, pur confermando contesti sociali differenti. Lo spiegano gli attivisti del comitato Prendocasa di Cosenza: “Il nuovo dato, quello davvero sorprendente per le nostre latitudini, è la contaminazione tra famiglie occupanti migranti e italiane. In passato un fenomeno del genere sarebbe stato impossibile. Qui la gente era abituata ad occupare nel silenzio, in forma disorganizzata e silenziosa, col beneplacito di qualche ‘amico’ interno alle istituzioni. Adesso invece, grazie all’organizzazione, riusciamo ad imporre rivendicazioni e soluzioni ai rappresentanti politici”. Il Comune ha recepito dopo anni di battaglie le istanze dei movimenti. “Per esempio – proseguono quelli di Prendocasa – la ridestinazione d’uso dei palazzi in precedenza assegnati all’università, che erano stati ristrutturati con fondi di Edilizia Residenziale Pubblica, però solo parzialmente utilizzati. Nel mese scorso sono iniziate le prime assegnazioni e, non appena disponibili, altri otto palazzi saranno assegnati in base alle graduatorie per le case popolari. Per risolvere l’emergenza abitativa, senza consumare suolo con nuove costruzioni, basterebbe requisire gli immobili privati invenduti e utilizzare l’immenso patrimonio pubblico in via di dismissione”.
Claudio Dionesalvi
il manifesto, 14 dicembre 2013

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