Cosenza ha il suo Calatrava, ma non collega niente

Calabria. Il ponte, costruito con i fondi regionali per le abitazioni popolari, sarà inaugurato venerdì, alla presenza, forse, di Berlusconi. Protesta il comitato Prendocasa per il dirottamento dei soldi ex Gestione Case Lavoratori
Ci sono voluti due decenni, ma alla fine pure in Calabria è stato issato un ponte progettato dall’architetto Santiago Calatrava. A forma di arpa, con un’ampiezza di 130 metri e una torre alta 104, sarà intitolato a San Francesco di Paola, l’unico che di ponti non aveva bisogno perché pare fosse capace di camminare sull’acqua servendosi del suo prodigioso mantello.
Concepito negli anni novanta dal compianto sindaco socialista Giacomo Mancini, a terminare l’opera è l’odierno primo cittadino, il forzista Mario Occhiuto. Anch’egli architetto, si appresta ad inaugurarlo proprio alla presenza del collega archistar valenciano Santiago Calatrava, e a sorpresa, si dice, insieme a Silvio Berlusconi, a 40 giorni dalle elezioni politiche. Per la cronaca, capolista in Calabria nelle liste di Forza Italia dovrebbe essere Roberto Occhiuto, il fratello del Sindaco. La celebrazione del ponte costerà 126mila euro che serviranno a coprire le spese per sofisticati effetti speciali, suonatori sospesi nel vuoto e spettacolari acrobazie aeree.
Qualche giorno fa alla Camera dei deputati c’era una domanda che tutti aspettavano qualcuno ponesse in conferenza stampa ad Occhiuto, approdato nella capitale per magnificare la “grande opera” che sarà “battezzata” il 26 gennaio a Cosenza. Tuttavia nessuno l’ha posta. E così, gli occupanti del comitato Prendocasa sono andati sotto il ponte a farlo pubblicamente: “Perché mai è stato finanziato con il tesoretto alimentato per anni dalle trattenute sulle buste paga dei lavoratori? Quei soldi erano stati destinati alla realizzazione di case popolari e alla manutenzione di quelle già esistenti”. Il comitato punta il dito sulle responsabilità politiche del dirottamento dei fondi ex GEStione CAse Lavoratori, in verità antecedente all’amministrazione Occhiuto. E se la prende con gli ex presidenti di centrodestra della regione Calabria, Chiaravalloti e Scopelliti, nonché con Pino Gentile, all’epoca assessore ai Lavori Pubblici, e persino col sindaco della città nel 2004, Eva Catizone, oggi scudiera di Occhiuto.
Come qualsiasi ponte di Calatrava, i costi preventivati all’inizio, sono lievitati col tempo. Dai 12,5 milioni iniziali, con la costruzione delle opere accessorie la cifra è schizzata a 20 milioni. Tanto è costato alla fine il ponte dell’archistar.
Il comitato Prendocasa, che insieme a numerose famiglie cosentine e migranti un mese fa ha occupato nel cuore della città l’ex hotel Centrale, un edificio finito nel mirino delle lobby affaristiche, ricorda che un terzo della somma, 6 milioni 713mila 939 euro, è stato drenato da fondi ex Gescal: “Mentre le risorse per le case popolari, che ammontavano a 270 milioni, ora sono di fatto azzerate, in concreto è stata realizzata edilizia residenziale privata, non pubblica”. Dopo la dismissione del fondo, anche in Calabria il fiume si è via via prosciugato fino a quando la giunta regionale guidata da Mario Oliverio (PD) ha dovuto ammettere, nell’ottobre del 2016, che “di quei soldi erano rimasti solo 6 milioni”. Il ponte di Calatrava è stato finanziato attraverso i Programmi di Recupero Urbano. I P.r.u. permettono un insieme di opere pubbliche finalizzate al miglioramento dei servizi e degli impianti a rete nei quartieri degradati. Sono proposti dai Comuni e dalle Regioni che, con i fondi Gescal, possono finanziare le opere al servizio del patrimonio residenziale pubblico. Nel caso del ponte di Calatrava il nesso con le case popolari è difficile trovarlo. Eppure la Regione, all’epoca di centrodestra, negli anni scorsi ha ugualmente approvato il progetto presentato dal Comune e ha finanziato l’opera che, a detta di Occhiuto, darà lustro alla Calabria e sarà tra le più belle del Sud, ma che con le case popolari non c’entra proprio nulla. Non inferiori sono stati i costi umani per la costruzione del ponte. È stato ribadito domenica scorsa dagli attivisti di Potere al Popolo, che con un blitz nel cantiere hanno voluto ricordare Maurizio Tenuta, l’operaio morto sul lavoro durante la realizzazione del progetto Calatrava: “Questo ponte è pure il simbolo di un utilizzo del territorio che vuole soddisfare gli interessi speculativi della piovra trasversale del cemento”.
L’acrobatica infrastruttura che cavalca il fiume Crati, al momento non collega niente. Ad ovest riposa sulla parte della città investita da altri avveniristici progetti come il megaospedale fortemente voluto dal PD, e la bipartisan metropolitana “leggera”, magnificata dai professoroni dell’università di Arcavacata. Sul versante orientale il ponte è adagiato invece a poche decine di metri dalla temibile SS 107 Tirreno-Cosenza-Sila-Crotone, che essendo in diversi tratti già connessa al territorio dell’area urbana, forse non avrebbe richiesto ulteriori raccordi alla rete stradale cittadina. Comunque è lì, sotto le franose alture di Zumpano, che al momento si concentrano gli appetiti delle famiglie politico-criminali, pronte a nuove iniezioni di cemento sui terreni non edificati del rione Gergeri. E nella medesima zona si insedierebbero alcuni degli “alberghi sociali” negli anni scorsi al centro di indagini da parte della Corte dei conti e della procura di Catanzaro.
Non meno acrobatica è la soluzione escogitata dal Comune per far sparire le famiglie di origini rom, abitanti da decenni nelle baracche situate a pochi metri dal ponte. La Fondazione Romanì da anni proponeva politiche di housing first, l’ingresso immediato in case ed appartamenti, in un quadro di accompagnamento alla piena autonomia. L’amministrazione comunale ha tradotto tutto questo in un contributo di 11mila euro per ogni nucleo familiare, oppure cinque anni di sostegno all’affitto, purché abbandonino le baracche. Alcune famiglie hanno accettato. In otto sono rimaste, non avendo trovato idonee soluzioni abitative. È improbabile che le ruspe risparmieranno i tetti di lamiera, in vista del grande evento inaugurale previsto per il 26 gennaio. Di sicuro, queste ed altre questioni saranno sollevate da quanti scenderanno di nuovo in piazza per denunciare le contraddizioni di un’amministrazione impegnata a rifare il trucco ad una città in cui l’emergenza abitativa ha raggiunto livelli drammatici, il centro storico sta crollando e l’acqua potabile in molti quartieri è erogata per due ore al giorno.
Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti
il manifesto, 24 gennaio 2018

fotografia di Giacomo Greco

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