Attentato notturno contro il Comune

Sei colpi di pistola in Via Piave, contro il portone dell’ufficio comunale per i servizi sociali. È accaduto nella notte tra martedì e mercoledì, ma alcuni particolari complicano la ricostruzione dei fatti. Gli inquirenti affermano che è stato un impiegato a denunciare l’attentato, quando ieri mattina ha notato i fori nel portone d’ingresso. I proiettili hanno penetrato il legno e sono stati ritrovati nell’atrio principale. L’ampiezza dei buchi e la potenza dell’arma da fuoco fanno pensare ad una pistola di grosso calibro. Una cosa è certa: l’oscuro attentatore ha deciso di annunciare il gesto con una telefonata anonima alla redazione cosentina de “Il Domani”. E lo ha fatto martedì mattina, affermando che l’attentato era avvenuto nella notte precedente. Ma per una chiara comprensione di quello che è accaduto, è meglio ricostruire la cronologia dei fatti.
Martedì 7 luglio, ora di pranzo, squilla il telefono in redazione.
Pronto buongiorno, è il “Domani”.
«Pronto, guardate che questa notte hanno sparato contro il portone dei servizi sociali. Qualcuno sta cercando di coprire tutto, ma se vi recate in via Piave vi accorgerete che è vero».
Pronto?
Clic.
In questi casi, il dovere impone di interpellare le forze dell’ordine per verificare l’attendibilità della notizia. «Non ci risulta – hanno risposto i carabinieri -. Ieri notte era tutto tranquillo». E se questi avessero sparato – ci siamo chiesti con un velo d’ironia – e nessuno se n’è accorto? Può darsi che gli impiegati abbiano notato qualcosa di strano. «Va bene che fa caldo – ci ha raccontato una responsabile dell’ufficio – ma un attentato non sarebbe passato inosservato e come minimo avremmo notato i fori dei proiettili. A dire il vero, ora che ci penso, è arrivata una telefonata anonima verso mezzogiorno. Parlavano con noi, ma si riferivano all’assessore (Morrone – Ndr). Hanno pronunciato un paio di frasi minacciose e hanno detto che nelle scale avremmo trovato un messaggio. Credevamo fosse uno scherzo. Tuttavia, abbiamo guardato in giro e di messaggi neanche l’ombra». Una telefonata anonima isolata è un fatto insignificante, ma quando diventano due, si aprono almeno un paio di possibilità: o il telefonista misterioso ha tempo da perdere e voglia di scherzare, oppure fa sul serio.
Un rapido giro di perlustrazione in via Piave ha confermato i nostri sospetti. In mezzo alle macchine, parcheggiate nei pressi dell’ufficio, c’erano due buste, contenenti un paio di lettere identiche ed altrettanti sassolini, che forse sono serviti ad impedire che i messaggi volassero via col vento. Questa la frase, riportata già ieri sulle pagine del nostro giornale: «Morrone infame, che calpesti quotidianamente i bisogni e i diritti dei più deboli, i prossimi saranno direttamente per te». Sul portone di via Piave non c’erano segni d’arma da fuoco. Almeno così sembrava. Ma da un successivo sopralluogo che abbiamo effettuato qualche ora dopo, è emerso un curioso particolare. Nella regione destra del portone principale, un piccolo foro evocava a prima vista la forma del proiettile. Il dettaglio, regolarmente riportato nella denuncia presentata ai carabinieri, lascia trasparire un’ipotesi bizzarra, ma supportata dai fatti. E cioè, una mano ignota ha sparato nella notte tra lunedì e martedì. Ma il suo gesto è rimasto nell’ombra, per circostanze ancora poco chiare. Quando l’attentatore si è reso conto che l’azione era passata inosservata, è tornato in via Piave ed ha sparato di nuovo.
Le indagini sono serrate e gli inquirenti seguono diverse piste. Spetta a loro individuare il movente del macabro segnale indirizzato ad Enrico Morrone, assessore al Disagio e all’Emarginazione giovanile. Al di là delle ipotesi sugli autori del gesto, l’analisi va fatta sul contesto sociale in cui si colloca. Fatti analoghi sono accaduti a Cosenza negli ultimi anni. La città sembra pacificata, ma sotto i cerotti della modernizzazione si nascondono pericolosi nervi scoperti.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 9 luglio 1998

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