De Magistris: «La Calabria è al guinzaglio, torno contro la mala politica»

Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris tornerà nel fine settimana in Calabria per la campagna elettorale. E’ candidato alla presidenza della regione.
Sindaco, annunciando la sua candidatura ha detto che con lei la regione non sarà più al guinzaglio di un ceto politico trasversale che ha annichilito questa terra. È una chiusura definitiva al Pd e al centrosinistra?
La mia è una candidatura alternativa a quel ceto di destra e di sinistra che ha depredato una regione. Il mio non è un discorso antipartitico, lungi da me. La mia è una candidatura che vuol rappresentare una novità, rompere gli equilibri consociativi in un processo politico dal basso. Non mi appassionano i tavoli interpartitici. Le storie dei movimenti sociali e civici di questi anni sono le storie con cui mi sono interfacciato. E poi il mio è un discorso indirizzato a tutti i calabresi, senza recinti o gabbie. Per tutti questi motivi la mia è una candidatura alternativa anche al Pd finché il Pd calabrese resta questo.
Quando ha deciso di candidarsi? Ha seguito l’evoluzione della politica calabrese in questi mesi?
Fino a un mese fa questa idea era impensabile. Poi visto l’impasse che c’era in regione e convinto da alcune sollecitazioni esterne mi sono deciso ad accettare la sfida. La Calabria è una regione nevralgica su cui si incentra la vera questione meridionale. Ma ha bisogno di cure. E sopratutto di un controllo ferreo sulla spesa pubblica, il vero rubinetto di fondi della regione. E su cui si è saldato un coacervo di interessi politico e affaristico in questi anni.
Non pensa che la narrazione della Calabria solo in chiave di corruttela, ‘ndrangheta e massoneria faccia perdere di vista la questione sociale che è drammaticamente sotto gli occhi di tutti?
La Calabria ha una necessità vitale di giustizia sociale. Ridurla a mera questione criminale è fuorviante. E’ una regione pregna di energie positive, di risorse umane, culturali e politiche. Di sicuro la via giudiziaria non porta a un reale cambiamento politico anche perché impatta sulla patologia e sul passato. Noi guardiamo al futuro e alla rinascita di questa terra.
Non teme di essere estraneo alla Calabria, non vivendoci più da tanti anni?
Io mi sento calabrese molto più di quelli che in questi anni l’hanno governata e le hanno messo il guinzaglio. E mi sento parte e vicino a quella sinistra dei territori, diffusa, non rappresentata che ambisco a rappresentare. La sinistra fondata sull’uguaglianza, sulla lotta alla ‘ndrangheta. Il mio vuol essere un gesto d’amore verso questa terra per valorizzare queste esperienze sociali.
A Napoli, sebbene abbia vinto due volte le comunali con ampio distacco lei non è stato poi capace di costruire un soggetto politico allargato ai comuni limitrofi e al resto della Campania. Perché dovrebbe riuscirle in Calabria?
È vero. Non siamo riusciti a costruire un movimento nazionale. Assorbiti dalle problematiche della città abbiamo pensato ad amministrare com’era giusto che fosse. Ciò non toglie che ciò sia possibile in Calabria dove c’è rete di militanti, di attivisti, di sindaci, di consiglieri al mio fianco. Questa operazione è la prosecuzione di un percorso politico nato 10 anni fa e che non va disperso anzi valorizzato, per dare dignità e autonomia al sud. Il mio è un ponte ideale tra Napoli e la Calabria.
Ha incontrato Carlo Tansi, già in campo da mesi, un incontro forse più tattico che sincero. I componenti delle tre liste dell’ex capo della Protezione civile calabrese rivendicano un ruolo da candidato presidente per il loro leader. Non crede che interloquire con un movimento populista, che a Crotone governa male e per di più con un’impronta di destra, sia un errore?
Credo sia giusto dialogare con chi alla guida di una coalizione civica ha preso il 7% alle scorse elezioni. Detto ciò, ci deve essere una convergenza su programmi, valori condivisi, idee. E per me i valori sono delle discriminanti imprescindibili. Le ragioni dell’unità non devono prevalere sulla dimensione ideale.
Nella regione con la sanità più disastrata d’Italia, in segno di protesta a Cariati i comitati occupano da mesi un ospedale pronto all’uso, ma dismesso a causa dei tagli al bilancio. Come può l’ente regionale ripristinare una sanità dignitosa in Calabria se il governo centrale ha previsto che il commissariamento durerà altri due anni?
Nei prossimi giorni sarò a Cariati per portare dal vivo la mia vicinanza a questa lotta dignitosa. Se diventassi presidente come prima misura chiederei la fine del commissariamento, che è un alibi per aggirare la democrazia e dentro cui covano spesso grumi di potere affaristici. Bisogna valorizzare la sanità pubblica e soprattutto fermare l’emigrazione sanitaria che non fa altro che rimpinguare i bilanci delle regioni del nord.
C’è l’idea di formare una lista in suo sostegno ispirata a Mimmo Lucano. L’accostamento a Riace la stimola?
Mi inorgoglisce anzitutto. Con Lucano c’è un legame affettivo e umano che travalica la politica. A Riace ha saputo creare un borgo vivo in una zona che veniva sempre declinata in termini di manette e mafia. I cambiamenti sociali passano anche attraverso connessioni sentimentali. E questo cemento valoriale è la linfa di questo laboratorio che vogliamo creare in Calabria.
Davvero pensa di poter vincere? Alle elezioni di appena un anno fa la destra fece cappotto con il 56%. Sembra una impresa titanica. E il sistema elettorale a turno unico non la favorisce.
La corsa è in salita ma l’obiettivo è vincere. Nulla è impossibile se c’è la volontà e lotterò con entusiasmo fino alla fine.
Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti
il manifesto, 29 gennaio 2021

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