Dall’alba con la tuta arancione

IN TUTINA ARANCIONE, all’alba, per le strade di Cosenza. I forzati del lavoro mattiniero li vedono tutte le mattine. Sono i “guagliuni” delle cooperative comunali. Sulle loro schiene scorre un brivido di attesa. Mancano tre mesi alle amministrative. A Maggio, dal cilindro del gioco di prestigio elettorale salterà fuori un nuovo padrone. C’è ansia nei quartieri. “Cucù, il nuovo Sindaco sono io, e quindi decido chi deve lavorare e chi se ne va a casa, presidenti compresi”. È così che potrebbe esordire il successore di Mancini. I dipendenti delle cooperative masticano bene le regole del marciapiede e lo sanno. Se Tizio comanda, è lui a dettare le regole. E non sempre i politici sono disposti a gestire l’eredità degli altri.
Al futuro primo cittadino potrebbe anche venire in mente di smantellare i vecchi equilibri rimettendo in discussione i 456 stipendi delle cooperative. Tante sono infatti le tute arancioni che prestano alcuni importanti servizi per conto di Palazzo dei Bruzi. Pulizia delle strade, cura del verde urbano, traslochi e manutenzione sono affidati a loro. E anche le attività socio-culturali dei quartieri periferici rientrano nel medesimo circuito. Nella biblioteca dei Ragazzi e nelle Ludoteche di Serra Spiga e via Popilia agiscono altre due cooperative autonome. Dall’ufficio manutenzione di via degli Stadi, invece, dipendono 21 società. Sette funzionano part time: quattro ore al giorno. Le restanti 14 rispettano un orario di sei ore. L’ultima, nata pochi mesi fa, è stata attivata con fondi regionali, grazie ad un finanziamento biennale. Ogni anno, dal bilancio comunale escono quasi otto miliardi per coprire i salari, che oscillano dal milione e duecentomila al milione e mezzo. Solo il 20 per cento dei dipendenti è di sesso femminile. Un buon 30 per cento ha alle spalle problemi con la giustizia. I contratti di affidamento sono trimestrali. E da qui nasce l’ansia. Presidenti ed operatori hanno il fiato corto. Qualche settimana fa è successo che le procedura di delibera hanno comportato un ritardo nel pagamento degli stipendi. Ma il dramma vero nascerebbe se il bilancio si ammalasse. Qualcuno potrebbe decidere di ricorrere al taglio della spesa pubblica. Le cooperative non avrebbero scampo. I politici ricorrerebbero ad un vecchio alibi: “Non ci sono soldi; come facciamo a pagarvi?”
Eppure, in un recente comizietto domenicale al “Rendano”, Eva Catizone avrebbe ribadito che sarà assicurata a tutti una sistemazione definitiva”. Sul piano pratico, l’operazione appare piuttosto inverosimile. A differenza di altri settori, infatti, nessun concorso potrà mai assicurare stabilità lavorativa ad un giovane di Via Popilia che si alza alle 6 del mattino per spazzare i marciapiedi. “Ci sentiamo sospesi nel vuoto”, spiega  Massimo, 28 anni, che a carico ha una moglie casalinga e un bimbetto che palleggia come un Maradonino. “Sì, mio figlio promette bene. Però non posso aspettare che diventi miliardario lui, Nel pallone e nella vita ci vuole il calcio nel sedere. Pure io stesso, per questo posticino, un calcetto l’ho avuto. Meno male, altrimenti a quest’ora per pagarmi l’affitto dovrei ricominciare a vendere il ‘fumo’. Senza soldi non se ne cantano messe. Ed io mi sento sempre precario”. Non solo pregiudicati nelle cooperative. Al contrario, la maggioranza ha alle spalle un passato di disoccupazione cronica. In città, però, tutti sono convinti del contrario. Tra le famiglie che non sono riuscite ad infilarne dentro neanche uno, circola una battutina ironica maligna: “Qui per lavorare bisogna essere ex detenuti. Adesso lo faccio un reato, così vado in galera e poi mi faccio assumere”. Di parere decisamente opposto è l’architetto Ada Basta. Dirigente del settore Ambiente e Tecnica Manutentiva e responsabile del personale delle cooperative, tratta quei ragazzi come figli. Non è casuale che il Palazzo abbia deciso di assegnare il compito ad una donna dolce, ma di ferro. L’incarico è arrivato dopo la stagione delle grandi epurazioni, quando Mancini operò un repulisti per riportare l’ordine. C’era aria di caporalato e qualche testa bisognava mozzarla. In senso metaforico, si intende. Comunque, alle prime società sbocciate nel ’97 si aggiungeva la seconda generazione del ’99. Con la riqualificazione dei comunali, addio manovali e netturbini. Le cooperative sono diventate una provvidenziale risorsa di lavoro materiale. Inoltre, l’amministrazione ha smesso di affidarsi alle ditte private per la riparazione delle rati idriche e stradali. La politica dell’integrazione tra dipendenti del Comune e delle cooperative, è stata fortemente sostenuta da Ada Basta: “Ogni giorno lavorano in coppia, e così la professionalità dei primi si trasferisce sui secondi”. Però guai a chi sgarra: “I controlli sono quotidiani. Se qualcuno manca sul posto di lavoro, tratteniamo la giornata”. Il tempo degli imboscati è finito, Ma il potere dei presidenti è rimasto solido.
Claudio Dionesalvi
Il Quotidiano, 20 febbraio 2002

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