Candidati a scuola di noglobal

“È possibile respirare a Cosenza il vento di Seattle, Genova e Porto Alegre?”. A questa domanda ha cercato di rispondere, ieri sera, un cinema “Italia” stracolmo di giovani ed anziani esponenti delle varie sinistre. A 12 anni esatti dall’occupazione di quella che era una struttura abbandonata, la Cosenza che sogna di costruire un mondo diverso, si ritrova a convegno intorno a tre personaggi magnetici. Il disobbediente Luca Casarini, Don Vitaliano della Sala e il Prosindaco di Venezia Gianfranco Bettin incarnano le suggestioni dei movimenti etichettati come “no global”.
Il popolo che anima il cinema “Italia” tende l’immaginazione verso Porto Alegre, città brasiliana che nella prima settimana di febbraio ospiterà il Forum Sociale Mondiale, un’insalata di umanità ribelle e propositiva.
Del rapporto tra istituzioni e movimenti parla Andrea De Bonis, soffermandosi sulla storia recente della città: “Negli ultimi anni tante cose sono cambiate anche grazie alla ricchezza prodotta da associazioni e centri sociali”. Nel salto simbolico dal locale al globale, Bettin individua in Porto Alegre “un incrocio importante”, tra forme di “partecipazione e ribellione”.
I movimenti cosiddetti “di Seattle” testimoniano e rilanciano l’elaborazione di “nuovi legami sociali”, che non escludono l’utilizzo di “strumenti istituzionali, dove questo è possibile”. Don Vitaliano auspica un rinnovato impegno della Chiesa sui temi della lotta a questo modello di globalizzazione.
Luca Casarini disegna i confini del nuovo immaginario: “Esperimenti come il bilancio partecipato” praticato a Porto Alegre, così come tutti i “tentativi di dialogo attivo tra cittadini ed istituzioni”, non rappresentano “una pace sociale”. Al contrario, indicano una volontà popolare di comprendere dove si assumano le decisioni importanti e insinuano una forte contraddizione nel sistema globale, che tende ad emarginare miliardi di uomini e donne.
Per i soggetti ostili al neoliberismo si apre la possibilità di governare fette di potere locale, entrando a gestire gli Enti. Sarebbe questa solo una delle strade per incanalare le speranze delle numerose comunità federate, che a dispetto delle apparenze del dopo-Genova, sono tornate ad esprimersi in massa nelle manifestazioni romane contro la guerra e la legge Fini-Bossi sull’immigrazione. Il “movimento dei movimenti” è duttile e persistente. Pare abbia abbandonato definitivamente il vecchio e logoro armamentario degli anni settanta. Rivoluzione sì, forse, ma con una manciata di concretezza. Il discorso riparte necessariamente dal Chiapas e dalla rivolta del ’94. Sono stati gli zapatisti a scoprire che si può essere “invasi e contemporaneamente esclusi da uno Stato nazionale”. Tradurre il messaggio dei ribelli chiapanechi in Italia, significa ideare forme nuove di partecipazione. Bettin segnala l’esempio dei Social forum, nati intorno alla tre giorni contro i G8 a Genova. Nel convegno promosso da Verdi, Filo Rosso e Ciroma, il compito di riportare la memoria al luglio scorso, spetta al video di Giacomo Verde. Una raffica di immagini incollate da aforismi, che si avvinghiano allo sguardo dell’osservatore, lasciandogli negli occhi le vampate rosse del sangue di Carlo Giuliani, ad incorniciare migliaia di corpi teneramente aggrappati ad un’utopia.
Bettin dondola tra la critica e il progetto. “Non esiste un modello da seguire”. Guai a pensare di poter clonare a Cosenza esperienze come quelle di Venezia. In Veneto, infatti, l’area dei centri sociali e movimenti non disdegna, insieme all’arma del conflitto, l’uso della delega classica attraverso il voto. “La novità consiste proprio nel riconoscere che da luoghi considerati residuali possano partire battaglie e campagne” che si rivelano poi centrali. “La dimensione municipale può riaprire la dinamica del cambiamento dal basso”.
Casarini spiega che nel nord-est gli esperimenti di collaborazione con le istituzioni “sono nati dalla voglia di trasformare il conflitto in energia costruttiva, e non dalla volontà di occupare delle sedie, che è una roba da malati”. Il realismo, prima di ogni astrazione. La società civile non produce sempre scenari positivi. “Pensate alle ronde padane”, concepite all’interno dei quartieri meno ricchi. Territori urbani abbandonati da una sinistra di governo, che “ha badato solo a difendere notabili, giudici e burocrati”. Adesso è costretta a ripensarsi. E dovrebbe ripartire proprio da una nuova, forte, idea di città. Uno strumento per indebolire dal basso lo Stato-nazione. Casarini lo dice senza indugio: “A Venezia avremo vinto quando la Prefettura tenterà di sciogliere il Comune”. Applaudono in tanti. Persino i due candidati a sindaco di Cosenza. Salvatore Perugini chiede la parola e, citando Marcos, disserta sulla necessità di una nuova capacità di interloquire. Catizone gioca con Chicca, una cagnetta anarchica che si diverte a mordicchiare il suo cappotto. Un usciere comunale le chiede se ha bisogno di aiuto, ma Eva risponde pipernianamente: “Anche i cani hanno il diritto di divertirsi”.
Claudio Dionesalvi
Il Quotidiano, 23 gennaio 2002

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