La Lega alla rovescia dei comuni calabresi

Hanno gli occhi neri neri, e grandi. Li scambieresti per figli d’italiani emigrati. Persecuzioni e fame. I bimbi curdi si portano addosso un velo di tristezza, non dissimile dall’ombra ch’è possibile scorgere nello sguardo di molti calabresi.
In mezzo ai loro coetanei, mentre giocano nel giardino della Casa dei Migranti, i bimbi curdi sono come tutti gli altri: allegri, vivaci e curiosi. A scuola, invece, sembrano più maturi dei nostri alunni.
Sarà la reminiscenza di annate sofferte, oppure forse l’abitudine ad accogliere e tollerare i cambiamenti. Il fatto è che quei ragazzini imparano l’italiano e le altre discipline con una rapidità sorprendente. Lo conferma Brunella Baratta, dirigente dell’Istituto comprensivo scolastico di Rovito: “Ragazzini eccezionali! Per le nostre classi, costituiscono una ricchezza ed al tempo stesso un’opportunità di confronto culturale. Si sono inseriti subito, in una maniera che ha sorpreso anche noi. Gli insegnanti non nascondono tutto l’entusiasmo di averli come alunni”.
Sul suolo calabro, migliaia di piedi curdi hanno trascinato corpi lacerati. Pochi quelli rimasti a camminare quaggiù. Da quando, nel ‘97, sbarcò la nave “Ararat”, la prima vera carretta del mare, non sono mancati i progetti per strappare questo popolo di profughi alla disperazione.
In Italia, chiedevano un pezzo di terra da coltivare in pace, quella terra negata dalla Turchia e da tutti gli altri regimi fascisti responsabili del genocidio. Hanno ottenuto poco, anzi quasi nulla. Vivrebbero letteralmente in mezzo ad una strada, o sarebbero già stati catapultati nelle periferie delle metropoli europee, se non fosse per la loro buona volontà e soprattutto per l’impegno della Casa dei Migranti, una comunità nata dalla “Kasbah”, associazione che si batte per dare risposte concrete alla questione dell’accoglienza.
Hanno pensato bene, quelli della Cdm. La provincia di Cosenza è vasta e ricca di Comuni in via di spopolamento. Semplice l’idea: creare una rete spontanea di Sindaci solidali, una specie di Lega…alla rovescia. Le leghe si formano per fronteggiare qualcuno o qualcosa. Qui, invece, si preferisce spalancare le proprie porte.
In sostanza, possono i Municipi concedere vecchi edifici inutilizzati, per ospitare i profughi curdi? E i circoli didattici sarebbero disposti a regolarizzare l’iscrizione a scuola dei bambini rifugiati?
È stato più di un sì, quello pronunciato dai Comuni di Rovito, Rende, San Demetrio Corone e Marzi, in accordo con i vertici delle Ferrovie della Calabria. Perché tanti Sindaci dicono “sì”. Pochi hanno la pazienza e la voglia di trasformare le proposte in esperienze.
Il buon esempio è stato dato dall’amministrazione provinciale, che ha concesso una ex casa cantoniera, attuale base del progetto.
La palazzina ha un colore rosa. Nelle giornate di pioggia, volge all’arancione. Nella scorsa estate, era circondata di puntini rossi. Michele Santagata, militante della Casa, chiarisce il perché: “Il nostro primo obiettivo è uscire dall’assistenzialismo. Non è più possibile concepire l’immigrazione in termini problematici. I rifugiati sono una risorsa per la nostra terra, che a sua volta è risorsa per tutti loro. E così l’anno scorso si è deciso di zapparla, la terra. C’è qualche ettaro intorno a questa palazzina. Poche zolle, ma belle grasse. Noi e i curdi, insieme, siamo ridiventati contadini, autoproduttori. Qui vicino scorre il fiume Crati. Dopo aver scavato un pozzo molto profondo, abbiamo tirato su l’acqua per irrigare. Un vecchio compagno agronomo ci ha fornito consigli provvidenziali. Ne è venuto fuori un discreto raccolto. Cinque tonnellate di pomodori, due di melanzane, una di peperoni. Rivendute sul mercato, hanno fruttato qualcosa”.
E non è finita qui. Michele prosegue: “Siamo riusciti ad aprire un localino sul corso principale del centro storico. Si chiama “Karibù”. È una rivendita di Kebab, alimenti equi e solidali, e prodotti alla canapa. Non attira un’utenza vastissima, però funziona, ed insieme a tutte le altre attività, offre da vivere a noi ed ai migranti che vi lavorano. E poi, nei mesi estivi, partecipiamo a fiere, sagre e festival, dove cuciniamo alla maniera curda”.
Sulla scia di quanto fatto dalla Provincia, s’è subito mosso il primo cittadino di Rovito, piccolo centro della presila. Giampaolo Gerbasi ha disposto la ristrutturazione della vecchia stazione delle ferrovie calabre, andata in disuso dopo il parziale smantellamento della linea che collegava la città ai centri dell’altopiano. Oggi, la stazione è abitata da un nucleo di curdi, il cui capofamiglia lavora da tecnico di impianti elettrici. Il giovane Sindaco snocciola le ragioni della propria scelta: “I motivi che hanno indotto l’amministrazione comunale di Rovito ad aderire, prima, e a dare attuazione in seguito, al protocollo d’intesa mediante la disponibilità di un’abitazione offerta ad una famiglia di rifugiati curdi, si fondano su una consapevolezza: a fronte dei fenomeni di globalizzazione economica e sociale devono mutare le forme di solidarietà finora sperimentate. Bisogna perseguire modelli di solidarietà senza confini territoriali, praticando un’accoglienza che non può limitarsi alla mera tolleranza di chi è privato dei più elementari diritti nei Paesi di cui è cittadino. Ecco perché abbiamo fattivamente inteso mostrare solidarietà ai rifugiati curdi, creando le precondizioni essenziali per lo svolgimento della loro personalità e dignità umana. Un’abitazione, ma anche una spinta decisiva al loro inserimento integrativo nel mercato del lavoro. D’altronde, le società occidentali sono e saranno sempre più, in futuro, plurietniche e plurireligiose”.
A San Demetrio Corone, intanto, è da poco iniziato il trasloco di un’altra famiglia rifugiata, mentre l’associazione “F. Cosentino”, che opera su Rende, ha offerto la propria sede, una ex scuola. Felice, Alessandro e gli altri militanti della “Kasbah” stanno lavorando insieme ai curdi. Trasformeranno la palazzina in biblioteca. Una sala sarà riservata ai corsi d’italiano. All’interno, troverà posto la redazione del nascente giornale multietnico. Al protocollo d’intesa si sono unite le firme dei sindaci di Cosenza, San Fili e Dipignano. Segnali di reale disponibilità sono pervenuti anche da Corigliano.
Talip Heval è il portavoce della comunità curda. Molto stimato da queste parti e nel resto d’Europa. Subito i numeri: “A Cosenza siamo in venti. Tredici frequentano le scuole italiane. Il nostro fratello Umit è iscritto all’università della Calabria. In tutta la regione, dovremmo essere circa 120, per un totale di 11 nuclei familiari, tra Riace, Lamezia, Badolato, Soverato e Rende. A Lamezia, le quattro famiglie presenti, vivono nel nulla. È come se non fosse mai stato riconosciuto il loro status di rifugiati. Pagano affitti salati, non percepiscono assegni familiari, non sono affatto integrati. Ecco perché quella che si sta aprendo per noi, in provincia di Cosenza, è una possibilità concreta. La volontà amministrativa di questi Comuni rappresenta, inoltre, un fatto politico rilevante, oltre che una prospettiva di vita dignitosa”.
Talip si ferma un istante. Michele recupera il filo del discorso: “La nostra proposta può, e deve, divenire imitabile. Con il Comune di Marzi, stiamo provando ad affermare il diritto alla casa per gli immigrati. Nell’assegnazione delle case popolari, c’è una quota riservata a loro. Equivale al 10 per cento del totale. Il Sindaco ha preventivato che nel prossimo mese di giugno assegnerà alcuni di questi alloggi popolari a famiglie migranti”. L’esperimento è appena iniziato.
Claudio Dionesalvi
CARTA settimanale, n° 13 aprile 2004

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