Nella selva Europa con le fiabe di Marcos

Cosa accadrebbe se nel bel mezzo di una delle tante assemblee che i diversi movimenti sociali della penisola realizzano in questi mesi, qualcuno, prendendo la parola, invece di pronunciare ostici termini come: “soggettività”, “paradigma”, “percorsi”, “eccedenze”, si mettesse a declamare fiabe?
Lo accuserebbero subito di minimalismo mistico e di infantilismo strategico. Anni ed anni di onesta e laboriosa militanza gettati al vento.
Per fortuna le cose non vanno così a 12mila chilometri da qui, dove dal primo gennaio 1994 i popoli ribelli maya costruiscono democrazia ed autonomia, adoperando un linguaggio che dai 3 ai 99 anni riesce ad accarezzare e scuotere la sensibilità di chiunque si ponga in una condizione di partecipe ascolto.
Ma non è solo una questione di lessico. Anche di sostanza da attribuire alla parola! Lo spiega bene il Subcomandante Insurgente Marcos con i suoi racconti editi in Messico da Rebeldia nel piccolo ma intenso volume intitolato: “Según cuentan nuestros antiguos. Relatos de los pueblos indios durante la Otra Campaña”, tradotto e pubblicato in Italia nel giugno scorso da Intra Moenia, su proposta di Ya Basta, dell’associazione Coessenza e di Edizioni Erranti di Cosenza, con il titolo: “Così raccontano i nostri vecchi. Narrazioni dei popoli indigeni durante l’Altra campagna”.
Spiega il Sup: “in quanto discendenti dei Maya, nello stesso momento in cui noi zapatisti diciamo una cosa, essa comincia a esistere. Per questo motivo i Maya e le lingue di discendenza maya sono più vicine al canto che al tono parlato”.
Ed ecco che l’idea lanciata d@ compagn@ di Ya Basta Napoli prende la forma di un progetto organico. Due sono i motivi che ci hanno spinto a pubblicare l’antologia che espone alcuni dei discorsi pubblici pronunciati dal Delegato Zero Marcos dai primi mesi del 2006 e fino al giugno 2007. Anzitutto, per costruire un nuovo ponte ideale che valichi l’oceano. E poi divulgare la mitologia della Otra Campaña. Nonostante il lieve ritardo cronologico rispetto alla loro apparizione in lingua madre, oggi infatti possono tornare utili “per riflettere sul presente in Messico e a casa nostra, dove l’acqua, la terra, l’aria e la dignità di milioni di persone sono avvelenate e annientate dal malgoverno, dalle mafie, dai poteri politici, economici e militari e dalle multinazionali”.
Dunque, qualcosa di più che una semplice iniziativa editoriale! Dovrebbe assumere la potenza del primo seme di un raccolto che porterà Ya Basta Napoli a racimolare un fondo finalizzato alla pubblicazione in Italia di testi inediti provenienti dalle terre in cui l’associazione realizza da anni carovane di diplomazia dal basso. Il ricavato della vendita di questo libro sarà consegnato alle comunità zapatiste in Chiapas, nei territori liberati dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, come si spera di poter fare in futuro anche con le altre comunità in lotta che sono state – e saranno – incontrate nelle varie carovane Ya Basta!
Captare racconti orali o scritti, tradurli, pubblicarli, devolvere i proventi della vendita agli autori di tali narrazioni.
Chiunque abbia camminato sulle stradine impervie della Selva Lacandona, sotto sotto ha sperato di incontrare i protagonisti dei romanzi, delle fiabe e dei racconti del subcomandante Marcos. Sono vivaci compagni di viaggio. Perlomeno lo sono per moltissimi dei ribelli cresciuti in un arco di tempo che va dallo sgombero del Centro Sociale Leoncavallo nell’89 all’Onda studentesca di quest’ultima annata.
Dal 1994, Don Durito, il Vecchio Antonio, Elías Contreras, Sombra il guerriero e tante altre arcane figure dagli occhi a mandorla, la pelle scura e il viso più o meno coperto, incarnano le continue metamorfosi di un’immaginazione che si diverte a plasmare e ridefinire questi personaggi, assemblandoli, trasfigurandoli. È un puzzle vivente, un gioco di proiezioni osmotiche, un caleidoscopio aperto.
Sarebbe miope non intravedere sotto la corazza di Sombra il guerriero, struggente cavaliere al centro dell’ultimo romanzo d’amore epistolare scritto dal Sup, “Noches de Fuego y Desvelo”, il Jilmash de “La Caverna del desiderio”, racconto partorito nell’ormai lontano marzo 1995. E nel petto di Sombra si agitano pure la coscienza critica di Don Durito, l’inquietudine di Elías Contreras, illuminato nelle sue investigazioni dal bagaglio di saggezza che solo il Vecchio Antonio può trasmettere. In “Così raccontano i nostri vecchi” sono presenti molti di questi temi. Pure tante nuove domande. Vorticosi perché. È un compendio di sovversive suggestioni. Perché i Maya guardano in basso, perché gli anziani hanno le rughe, perché le donne raccolgono i propri capelli in lunghe ed ordinate trecce, perché caracol; come sono nati il sole, le pietre, le stelle, la luna. Come possiamo difenderci dal potere che vorrebbe annientare l’acqua, la terra e l’aria.
Tutto ciò è disciolto nel consueto sinuoso linguaggio del Subcomandante. Tra il sontuoso ed il fiabesco. La traduzione cavalca i differenti registri, provando ad amalgamare interpretazione letterale ed allontanamento prospettico dal testo originale. Si impongono quindi soluzioni sintattiche e fonetiche a volte ardite, nel tentativo di restituire l’alternanza di aulico e popolare. Senza aggiungere o sottrarre parola.
Claudio Dionesalvi
CARTA settimanale, n° 27    luglio 2009

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