C.S.A., laboratorio d’idee: «Siamo quelli di ieri, ma siamo nuovi»

Claudio Dionesalvi parla di questa tregiorni di musica, teatro e politica:
Chi siete e come vi considerate?
Cerchiamo di andare al di là delle categorie pubbliche e sociali del ‘900. La parola stessa “collettivo” sa di vecchio, angusto e limitante. Siamo una federazione spontanea di associazioni che lavorano all’interno del Centro Sociale Autogestito Neo Ex Villaggio del Fanciullo di contrada Caricchio. Tutte si ritrovano nel Forum per le politiche giovanili, presieduto da Gianfranco Tallarico. È uno strumento di democrazia che manteniamo in vita, nonostante l’indifferenza manifestata da certe istituzioni. In poco più di un anno il Forum ha prodotto iniziative concrete di intervento sociale in città: corsi di alfabetizzazione informatica per i ragazzi ospitati nelle case-famiglia; lo Sportello avvocati di strada; una palestra popolare che dovremmo poter aprire a San Vito nei prossimi mesi.
Che significato politico e culturale ha questa tregiorni?
Quotidianamente, nel centro sociale facciamo laboratori di teatro ed editoria, boxe popolare e musica. Alcuni nostri compagni si occupano di cooperazione e formazione, persino di giardinaggio e produzione di vino. Raccogliamo l’eredità, l’esperienza e l’intelligenza sociale di quello che fu il “Gramna”, un’origine di cui siamo orgogliosi, ma al tempo stesso diveniamo consapevoli del suo superamento, avvenuto alla fine del secolo scorso. Insomma, per dirla con uno slogan: “Siamo quelli di ieri ma siamo nuovi”. Ecco perché intendiamo “vivere l’utopia”. Queste giornate sono dedicate alla riflessione sull’esistente ed alla progettazione delle alternative. Servono a rendere visibile il cammino che stiamo facendo, che non è mai un percorso predefinito.
Che rapporti avete con il movimento della pace sceso in piazza a Vicenza?
Guardiamo a queste manifestazioni con interesse ed ascolto. Alcuni di noi sono scesi in piazza, ma lo hanno fatto spontaneamente, senza ricevere il mandato di un’assemblea o di un “collettivo”. È finito il tempo delle “truppe cammellate” che timbravano il cartellino ai cortei. O ci decidiamo ad innovare i linguaggi e le forme della partecipazione, oppure siamo destinati a finire in un museo.
Che rapporti avete con la città di Cosenza, cosa vi piace e cosa non vi piace?
Amo Cosenza più della mia stessa vita. Credo sia una delle città più belle, colte ed accoglienti del mediterraneo. Oggi è vittima di una parziale involuzione. La ripresa dipende soltanto dai suoi cittadini e dalle cittadine, come già avvenne all’inizio degli anni novanta. Non c’è un “barone” che possa salvarla. Dovremmo smetterla di aspettarci soluzioni dai politici che hanno tutto l’interesse a mantenerci in una condizione di subordinazione sociale, morale e culturale. Nei Palazzi di questa città regneranno sempre l’arroganza e la corruzione».
Antonio Arena
La Provincia, 21 febbraio 2007

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