«L’unica minoranza in Calabria» in un libro: «Rubbina, un racconto sugli zingari di Cosenza»

È ANCORA una volta il bisogno di inquadrare il problema dell’identità culturale attraverso uno sguardo relativo e ravvicinato con l’alterità percepita, non assimilata, in contrapposizione all’illusione ingenua di un’appartenenza univoca che ci guida verso la deriva di un assolutismo costruito su pregiudizi e prevaricazioni.
Con l’incontro sulle origini dei rom cosentini organizzato dalla Fondazione Rubbettino e svoltosi ieri pomeriggio nel salone di rappresentanza del Comune di Cosenza, si è voluto riconsiderare, specularmente, il rapporto della città con l’universo dei rom, “l’unica minoranza immigrata in Calabria”. Lo spunto è stato offerto dalla presentazione del libro “Rubbina, un racconto sugli zingari di Cosenza”, edito da Cittàcalabriaedizioni, gruppo Rubbettino. Due volumi brevi in cui alla lucida disamina del racconto di Rubina Berlingieri e Claudio Dionesalvi sulle condizioni attuali dei rom, fanno seguito due saggi sulla storia e sulla lingua romanes, scritti rispettivamente da Antonio Cicala e Pierluigi Grottola. All’incontro, moderato dal giornalista Gianfranco De Franco, ha partecipato anche Franco Piperno in qualità di curatore della postfazione.
Si delinea la questione identitaria come un nucleo di unità a cui ogni individuo appartiene simultaneamente. Se ne smascherano perfino gli inganni.
“Sono riuscita a liberarmi dalle trappole legate all’identità rom frequentando anche persone diverse”, ha osservato Rubina Berlingieri, coadiuvata nella sua narrazione da Claudio Dionesalvi, che ha voluto apportare il suo contributo filtrandone il racconto e collimandone la scrittura, “per dare alla comunità la possibilità di capire i rom”. “Lo sforzo è quello di uscire da certe categorie intellettuali cui solitamente facciamo riferimento, che ci spingono verso la paura o il rifiuto”, ha spiegato Dionesalvi, nel considerare come i processi di trasformazione di una comunità avvengano sempre sulla base di una responsabilità collettiva, di una reciprocità di fondo. Così, “ciò che resta della comunità rom è una condizione che appartiene anche a noi”.
Ed è proprio a partire dal mistero del rapporto noi/loro che Antonio Cicala ha indagato nella storia di Cosenza, soffermandosi su alcune testimonianze capaci di attestare la presenza degli zingari in Calabria sin dal Cinquecento, riscoprendone una in particolare: quella del poeta Diego Sandoval De Castro, castellano di Cosenza ed ufficiale spagnolo di Carlo V.
L’altro aspetto è la lingua, con il tentativo capillare e filologico di Pierluigi Grottola, che ha realizzato, non senza sforzi, una ricostruzione della grammatica romanes di Cosenza. “Un dialetto, quello parlato dai rom, impregnato di vari dialetti e contaminazioni, con una connotazione che si avvicina alla zona di Castrovillari in particolare”.
“Vorrei che il libro avesse un valore anche dal punto di vista pratico”, ha aggiunto Grottola, con la prospettiva “di un insegnamento del romanes nelle scuole e della realizzazione di un vocabolario”, assieme “al riconoscimento ed alla tutela legislativa dei rom”.
Franco Piperno ha concluso, infine, tracciando un bilancio critico sull’Opera Nomadi, sottolineando l’importanza della riscoperta e della valorizzazione della comunità rom in relazione alla consapevolezza di sé, “contro quella tradizione che mira a rendere uniformi”.
Teresa Grano
Il Quotidiano, 8 giugno 2007

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