Breve storia sociale del movimento ultras a Cosenza

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“… sta nei sogni dei teppisti e nei giochi dei bambini…”
Difficile impresa condensare in poche pagine lo sviluppo del fenomeno ultras nella città dei bruzi, soprattutto per le peculiarità assunte dal movimento a Cosenza. Si può senza dubbio affermare che questa realtà di provincia ha lasciato mirabili tracce nella storia degli ultras in Italia, non soltanto per aver organizzato i primi raduni ultras, 1984 e 1985, aventi già a suo tempo lo scopo di ricercare il dialogo tra le curve, anticipando di alcuni anni la stagione degli incontri tra le diverse realtà italiane per riflettere sulle dinamiche repressive e la necessità di confrontarsi, o  per aver diffuso, rigettando l’ipotesi di sottocultura per marcare quella di controcultura ultrà, le prime fanzine: da “Urlo di carta” a “Tam Tam e Segnali di Fumo”, oggi patinata e venduta prima dei match casalinghi.
Sarebbe opportuno delineare brevemente il carattere ribelle insito nel DNA dei cosentini: dai fieri e indomiti bruzi e le continue rivolte contro Roma sino all’epilogo dell’alleanza con Annibale contro l’urbe, al filosofo Telesio, alle successive ribellioni contro l’Inquisizione, dalle idee democratiche e liberali e dai moti antiborbonici, che spinsero nella terra dei bruzi gli eroici fratelli Bandiera, ai fermenti del ‘68 al blitz del 7 aprile e che videro proprio a Cosenza uno dei maggiori focolari dell’autonomia, dagli spazi sociali occupati dagli ultras ai fatti del G8 e i suoi farseschi strascichi giudiziari. Cosenza con la sua provincia si estende dai monti del Pollino alla Sila, dal mar Tirreno allo Jonio. In questo vasto territorio coesistono da secoli diverse minoranze linguistiche. Come gli Albanesi sfuggiti all’invasione turca dei Balcani nel basso medioevo, gli Occitani perseguitati dall’Inquisizione e i Rom, immigrati a ondate. Non è casuale che nell’ultimo decennio i Cosentini abbiano dedicato un festival estivo di musica e arti al tema delle Invasioni barbariche come fenomeno fondativo e rigenerativo di una identità locale che è frutto dell’incontro tra  diverse culture.
Tutto ciò in parte si riflette nella storia degli ultras a Cosenza. Antirazzisti per un fatto quasi “antropologico”, si sono sempre distinti per iniziative di carattere sociale. Già agli albori della nascita del movimento a Cosenza forte era l’influsso della sinistra extraparlamentare e ciò si rifletteva ovviamente nelle diciture che identificavano i primi gruppi: fedayn, prima linea, ultras.   Il movimento assume le forme di uno spontaneismo ribelle di sinistra, con tratti anarcoidi che si riverberano sull’anomala gerarchia senza gerarchie, un’anarchia ordinata in cui non vi sono né capi né soldati.
Il 1983 è l’anno dei nuclei sconvolti, un nome che tuttora quando riecheggia procura una velata malinconia oltre che rispetto nel mondo ultras. Non era il tempo del calcio moderno, non ancora ma già gli sconvolti intuirono quel che da lì a poco avrebbe travolto il calcio e i suoi rituali, relegando e sacrificando socialità, passione, coinvolgimento sull’altare del dio denaro. Per la maglia, per la città, gli uomini passano il Cosenza resta. Ancora sulle gradinate del S. Vito i ragazzi urlano l’inno, il chant, degli sconvolti “avevo 13 anni fumavo gli spinelli, portavo l’orecchino e i lunghi capelli, di me la gente dice che sto con gli sconvolti, soltanto per fumare ed esser tutti storti, io non ci sto più dentro nel mondo senza senso, io non ci sto più dentro e questo è il mio lamento..” I nuclei sconvolti furono un gruppo anomalo nel panorama ultras e nella stessa realtà della tifoseria cosentina, in quanto riuscirono a sprovincializzare un ambiente che, al di là di quanto importato e partorito dalle avanguardie giovanili, rimane pur sempre legato al tradizionalismo tipico di molte realtà urbane del Mezzogiorno. Tra i primi a mescolare modello italiano e modello inglese, quella che poi divenne moda inglese degli stendardi, i primi quasi in contemporanea coi veronesi e le loro due aste. Un gruppo attivo e solidale nel sociale, sostenitori della liberalizzazione delle droghe leggere, non era raro in qualche trasferta vederli sventolare centinaia di cartine intonando ”datti da fare Pannella datti da fare” sul motivo di guantanamera.
L’anomalia prosegue negli anni quando tra gli spalti del S.Vito inizia a far capolino un frate, padre Fedele Bisceglia. Agli iniziali sfottò segue una certa curiosità nel vedere il frate indicare in una banda di scapestrati i propri fratelli in Cristo… saranno gli strascichi della teologia della liberazione. Fatto sta che decine di ultrà si prestano volontari e nel 1986 danno vita alla mensa dei poveri, il cenacolo francescano, che diventerà il luogo di ritrovo quotidiano degli ultras. Dunque gli ultras alle prese coi fornelli tra i più bisognosi, un vero cazzotto in pieno volto ai benpensanti, addirittura in diversi vanno col frate in Africa tra lebbrosari e disperazione.
 I Nuclei Sconvolti battono il tempo della propria città, vivono nelle sue viscere, non sono estranei ad essa, creano un vero e proprio culto per tutti i ragazzi dei quartieri e delle strade di Cosenza, almeno della maggioranza, perché bisogna menzionare accanto ai NS, realtà della provincia come Amantea e Villapiana, gruppi di quartiere come Cosenza Vecchia, l’Alcool group di p.zza Loreto, le Brigate di via Popilia.
I nuclei sconvolti dell’83 incarnano lo spirito ironico, gioioso e combattivo tipico dei movimenti del ’77: la nostra allegria vi seppellirà! Intanto nel 1986 alcuni ragazzini che bazzicavano nei nuclei sconvolti, una sorta di under five nel West Ham, fondano la Nuova Guardia. I fratelli maggiori diventano la chioccia di quei terribili ragazzini che in pochi anni riescono a dare una forza propulsiva ai movimenti politici cittadini, “allo stadio nella strada nuova guardia intifada!”. Quelli della Nuova Guardia si rendono conto che per essere ultrà fino in fondo, tutta la settimana, è necessario portare il conflitto nelle piazze, ribellarsi agli stili di vita asfittici della maggioranza dei propri coetanei, dare vita a un nuovo immaginario: una terza via alternativa alle mode paninare e ‘ndranghetiste che attanagliano le giovani menti. Dal connubio tra la Nuova Guardia, i ragazzi di Cosenza Vecchia e quelli di via Popilia prese vita la temibile e allegra BDD, la brigata drogati e delinquenti: il nome deriva da come un funzionario di PS descrisse molti anni or sono i Cosentini al loro arrivo in una stazione del nord Italia.
Quasi contemporaneamente in città nasce Radio Ciroma, emittente comunitaria che apre i microfoni anche all’universo ultrà, ripensando la democrazia in forma partecipativa e il meridionalismo in chiave ribelle e municipalista.
È  tempo che la città abbia il suo centro sociale occupato, il suo spazio sociale libero, la sua zona autonoma temporanea. Gli ultras occupano il primo csa cittadino. Seguiranno sgomberi, denunce, lotte e travagli sino ad ottenere definitivamente (una delle scritte vergate sui muri tra le più significative era: in tutte le occasioni rompere i coglioni!) uno spazio liberato: l’ex villaggio del fanciullo, il Gramna, oggi sede della palestra popolare di boxe, di una casa editrice dal basso e di altre associazioni. La Nuova Guardia si scioglie all’inizio degli anni novanta. Lo scioglimento è il risultato di fatti e riflessioni importanti: le diffide che colpiscono il gruppo dopo il derby con la Reggina; la volontà di passare ad una militanza sociale di strada che unita al logo NG avrebbe finito per creare equivoci in curva; la scelta di non diventare “istituzione” ultras; la consapevolezza che in natura come nelle relazioni di gruppo, niente è “per sempre”.
Anche i NS si sciolgono definitivamente, forse il segno dei tempi, dopo stanchezza e repressione, trend inaugurato dalle brigate del Verona dopo esser stati falcidiati da una delle prime operazioni poliziesche contro gli ultras. Ma anche la volontà di cambiare linguaggi, ideare forme nuove per stare in curva.
Arrivano anche periodi bui, addirittura  la divisione in due curve separate, non per divergenze politiche bensì sull’opportunità di seguire un modello di tifo anziché un altro, la cosiddetta disputa tra anglofili e italofili che a Cosenza conviveva appunto nei nuclei sconvolti.
Dopo due anni la curva si ritrova unita prima in tribuna poi di nuovo tutti insieme nella  sud, senza i NS ma con gli altri gruppi, a cui si aggiungono i Cosenza Supporters e le comitive della provincia cosentina.
Nell’ultimo decennio, un gruppo di ragazzi ha deciso di tornare in curva Nord per affermare e praticare i valori originali dell’identità ultras. In sud è rimasta comunque la parte più numerosa della tifoseria: alcuni dei gruppi sorti negli anni novanta, come i  già menzionati AG e Brigate insieme ai Lost Boys, ai quali si affiancano nuove comitive come i Mayd Boys, il “Palazzine Group” e le “Teste Matte”, nonché i centri della provincia (Paterno, Diamante, Luzzi, Roggiano, Pasquali…), i quartieri storici: San Vito, la Riforma e gli onnipresenti diversi lotti di via Popilia.
Passano gli anni ma l’eredità ideale continua nel solco della condivisione da parte della curva di quei valori  condivisi: come dimenticare la presenza dei profughi curdi in curva, 50 esponenti della comunità accolti da uno striscione che recitava “una terra senza frontiere per una curva con mille bandiere”, oltre allo sventolio di bandiere del PKK e di Apo Ocalan. Negli ultimi anni emergono i ragazzi dei Rebels Fans, che faranno dell’antifascismo il loro vessillo assieme a quello rossoblu dei lupi della Sila.; insieme ad alcuni ultras del gruppo di Cosenza Vecchia, sono tra gli occupanti militanti del centro sociale Rialzo.
Giammarco De Vincenzo
Claudio Dionesalvi
in “Ultras, i ribelli del calcio” Andrea Ferreri, Mimesis Edizioni, 2008

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