“L’evaso”, storia romanzata di un’evasione vera

Il bocciodromo
La partita a bocce del titolo evoca un luogo noto della cronaca giudiziaria cosentina. Quell’ex bocciodromo di via degli Stadi in cui venne celebrato il maxiprocesso alle organizzazioni criminali che hanno dominato dagli anni ’70 ai ‘90, con lo spaccio, le estorsioni, la gestione degli appalti, l’omicidio facile (una sessantina in pochi anni). Una città dal clima salvadoregno, in cui le bande rivali non risparmiavano bambini e passanti, dove era difficile capire se in sella alle Yamaha 500 o ai Cagiva 35 custom, c’erano sicari o rampolli delle famiglie bene. Ed è dall’ex bocciodromo che il 25 febbraio del 1997 evade lo Smilzo, Francesco Pezzulli, in totale 26 anni di carcere. Ventisei frame di tempo sospeso perché trascorsi in un non luogo in cui si può diventare invisibili, tanto da essere ignorato nel rito delle manette all’alba, tanto da allontanarsi indisturbati dall’aula bunker. Nonostante centinaia di uomini, elicotteri, telecamere, unità cinofile.
Il romanzo
La vicenda è diventata un romanzo di cento pagine intense. “L’evaso. Partita a bocce con la libertà”, edito dalla cooperativa editoriale “Sensibili alle foglie”. E’ un’opera di cronaca storicizzata e dallo stile originale scritta a quattro mani dal giornalista e mediattivista Claudio Dionesalvi e dallo stesso Smilzo, oggi operaio generico, “impegnato nel contrastare la subcultura mafiosa”, “ appassionato di linguaggi del web”. L’Evaso sarà presentato martedì 25 giugno alle 18 a Cosenza nel chiostro di San Domenico. Il libro sarà presentato anche a Roma domenica 30 giugno, con la cooperativa che l’ha pubblicato e il 17 agosto nello “Joggi Avant Folk” di Santa Caterina Albanese. Occasioni per parlare di giustizia e vita nel carcere e per ricordare l’operazione Garden, dalla quale scaturì il maxiprocesso alle cosche di Cosenza, conclusasi nel 1994 e che portò all’arresto 116 persone, molte delle quali diventeranno pentiti. Se la partita del titolo è a bocce, è il gioco del calcio la metafora sportiva del libro. I clan si sfidano al pallone, nel cortile del reclusorio, una volta a settimana. Ed è con una partita che festeggiano, rito che da ludico diventa agghiacciante, l’omicidio del direttore dello stesso carcere avvenuto nell’inverno del 1985. Lo smilzo è spettatore. Un personaggio schivo, molto sveglio, sofferente per il tempo sospeso che gli inghiotte l’anima. Sono abili gli autori a raccontare una vicenda che ancora vive sulla pelle e nella memoria di molti, restituendo tante schegge di realtà malavitosa e incandescenti lapilli di denuncia, sul sistema carcerario e sulle ombre processuali, con la soffice andatura di una lettura romanzata.
Realtà e flusso di coscienza
Dionesalvi, che oltre ad essere giornalista (scrive anche per “Il manifesto”) è insegnante dedito a un’aula innovativa e dilatata, entra in sintonia con il narratore testimone e insieme raccontano fatti drammatici e anche comici, scegliendo la tecnica dell’io narrante esterno, prendendo così la giusta distanza per poter ben mescolare, documenti reali, cose e personaggi riconoscibili (il super pentito Falconaro, il commissario Auricchio, Radio Baccano…), veri e propri sketch e flussi di coscienza. Quelli di Francesco Pezzulli che resta latitante dodici giorni, in cui ascoltando “Zombie” di dei Cranberries , potente canzone antiviolenza degli anni Novanta, torna nel suo rifugio, la capanna dove da libero custodiva animali selvatici e da cortile, chiassosi ma accoglienti, umanizzanti. Del resto è grazie al minuscolo cane Cosmo, personaggio reale, che i due autori si conoscono e iniziano a raccontarsi le vicende poi narrate. Nel breve tempo dell’evasione il silenzio “non danneggia più i timpani” come succedeva in carcere. Lo Smilzo in quei giorni si interroga sul perché di tutti quei morti e sul suo percorso nella malavita. Su motivazioni, pesanti responsabilità, mosse di burattini e burattinai.
Mmucca liù
Il cosentino di lungo corso può cogliere, tra un contest drammatico e una risata, in una voragine di fatti e riflessioni, reperti di storia urbana. Dagli omicidi feroci, al gergo di quartiere, ai personaggi della criminalità più recente e del passato, come Ciccio Fred Scotti. Dionesalvi è conoscitore di questa storia e ha già narrato gli uomini d’onore bruzi in “Za peppa. Come nasce una mafia”. Scotti è l’autore del “Cantu di carceratu”, morto per un semplice sfottò e custode dei grandi felini che vivevano nella Villa vecchia della città. “Mmucca liù” gridava buttandogli chili di carne. Espressione idiomatica ancora oggi in voga.
Concetta Guido
Il Quotidiano del Sud, 25 giugno 2019

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