La storia di Marta, bella e sfruttata

SVEGLIA alle quattro del mattino. La polizia ha fermato “quelli dell’agenzia”. È arrivato il momento del riconoscimento. Comincia così la giornata di Marta, immigrata dell’est, il cui nome autentico è ovviamente coperto dal più stretto riserbo. Chissà cosa avrà pensato quando ha visto gli uomini in divisa?
Lei forse non ci sperava più. Perché in poco più di un mese, dell’Italia ha conosciuto due sole facce: la gente “malamente”, e quella di carità. Figure bianche o nere, senza grigi. E pensare che di questo Paese le avevano parlato diversamente, quando insieme ai suoi cari stava decidendo di espatriare. Nelle regioni della ex Unione Sovietica, una ragazza come Marta non ha tante possibilità. Laggiù la bellezza è un handicap, il lasciapassare verso gli hotel frequentati dagli occidentali. E non per trovare un impiego come cameriera.
Una volta sbarcata in Italia poi, essere alta e carina significa avere già in tasca un biglietto per traghettare sulla sponda della prostituzione. Tanto, pensano a tutto “quelli dell’agenzia”: 1500 dollari a testa ed un nominativo di una persona residente in Italia, e di nazionalità ucraina. A lei bisogna rivolgersi per qualunque evenienza. Fornirà indirizzi utili, indicazioni e punti di riferimento. La città che accoglie Marta è Napoli, ma il sole si vede poco da quel buco di stanza in cui dormono 50 esseri viventi. Costo dell’affitto: cinque dollari a testa. Prendere o lasciare… la pelle.
Il tour organizzato prevede un viaggio in taxi. Destinazione Cosenza. Qui un’altra “amica” attende Marta e i suoi. È lei ad introdurre la giovane immigrata nel nuovo paesaggio. C’è una bella ed accogliente casetta alle spalle di Piazza Valdesi. È lì che potranno soggiornare. Prima di congedarsi, però, “l’amica” ricorda ai tre migranti dalla pelle bianca che i patti sono chiari: manca ancora l’ultima “rata” del pacchetto turistico: 300 dollari a cranio. Per racimolare questa somma, in Russia bisogna lavorare diversi mesi. Ma è vietato ribellarsi. Perché in caso contrario, il passaporto te lo puoi scordare. Rimane nelle mani di chi ti ha aiutato ad entrare. E poi in Calabria si possono fare brutti incontri.
Marta è intelligente, oltre che bella. Capisce l’antifona. Se vuole liberarsi da quella marcatura stretta, deve lavorare onestamente. Alla fine, forse, “quelli dell’agenzia” la lasceranno in pace. Cerca un’occupazione e la trova, in un locale. Dalla padella nella brace. I cosentini maschi, di ogni età e parrocchia, appena la vedono, ringhiano e la puntano come cani segugi.
Immigrata, attraente, dell’est, quindi potenzialmente prostituta. Marta impara che quando si traghetta verso l’inferno, il più spietato non è Caronte. A quel punto si rivolge alla gente di carità. Ma “quelli dell’agenzia” si rifanno vivi. “O ci dai l’ultima rata, oppure finisci a letto con uno di noi. E poi si vedrà”. Le minacce diventano pressanti, e finalmente scatta la denuncia, Questa volta, la catena si spezza. Ma quanti altri Caronte sono pronti ad incatenarla nuovamente?
Quante Marta aspettano “amici” nei giardini pubblici della città? E per quanto tempo ancora il paradiso dovrà attendere?
Claudio Dionesalvi
Il Quotidiano, 29 febbraio 2002

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