Da quattro anni senza pensione

SANTA MARIA LE GROTTE – Due anziani malati,  un cane malridotto, un caminetto spoglio e qualche patata indorata dall’olio. È ora di cena a casa Castagnello.
Esiste ancora la povertà in Calabria? La disoccupazione è un dato accertato. Ma la miseria, quella delle inchieste meridionaliste d’inizio ‘900, è solo un fenomeno storico, oppure un fatto crudo ed attuale? A Santa Maria Le Grotte, frazione di San Martino di Finita, c’è un caso inequivocabile di indigenza pura. Due coniugi che hanno sempre vissuto onestamente.
Lui, Domenico Castagnello, 62 anni, malato del morbo di Parkinson, ex bracciante agricolo. Lei, Michelina Mele, 59 anni, affetta da disturbi formali e rallentamento del pensiero, con l’aggravante di una sindrome epilettica ed un’invalidità dell’85 per cento, dal 1998 non percepiscono una lira, anzi un euro, di pensione.
Lo sanno bene il parroco don Pompeo ed il sindaco del paese, che mensilmente si preoccupano di fornire ai due anziani i mezzi indispensabili alla loro sopravvivenza. Dalla bolletta della luce, al chilo di pasta, alle medicine, tutto è affidato alla solidarietà del compaesani, almeno da quattro anni. Da quando, cioè, a qualcuno venne in mente di revocare a Michelina il misero assegno con cui tirava avanti.
“Scusa signora, Ma lei quanti figli ha? Due? Ah, ma allora vuol dire che sta bene e può andare a lavorare. Non ha diritto alla pensione”. Sul finire degli anni novanta, presso l’Asl di Castiglione dovevano avere un criterio molto rigido per esaminare le pratiche di invalidità. Pare che i medici formulassero domande sbrigative e non ricorressero ai convenevoli. Il periodo storico era delicato, negli uffici, nelle prefetture e negli istituti previdenziali, scoppiava la sindrome della verifica. La magistratura aveva scoperto migliaia di falsi malati, Furono, quindi, sottoposte a controlli altrettante persone. Se il paziente esaminato non dimostrava con efficacia la propria inabilità psichica, l’assegno veniva subito revocato. Poco importava che avesse precedenti clinici piuttosto gravi, e certificati regolarmente rilasciati dalle strutture sanitarie pubbliche. Parola d’ordine: tagliare! Addio per sempre a quelle 350mila lire mensili. Nel repulisti generale fini anche il nominativo della signora Mele.
Il caso, però, finì sui teleschermi, catturato dai mass media regionali. Michelina presentò ricorso e nel 2001, in seguito a nuova visita, le è stato riconosciuto nuovamente il diritto a percepire la pensione: 730 mila lire bimestrali. Sempre nello stesso periodo, i medici hanno valutato la posizione del signor Domenico, riconoscendogli l’invalidità ed avviando la procedura per l’erogazione del relativo contributo.
Ma da quella data nulla si è mosso, quasi certamente la pratica giace in uno dei cassetti dell’Inps e della Regione, visto che con la nuova normativa da questi enti dipende la concessione del diritto allo speciale sussidio. E così la famiglia Castagnello annaspa nella povertà, mortificata prima dall’eccesso di zelo sanitario e poi dal vortice burocratico. Ma che importa? A San Martino come in mille altri centri della Calabria, c’è sempre un Don Pompeo disposto a fare la carità.
Claudio Dionesalvi
Il Quotidiano, 18 marzo 2002

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