Basilicata, una striscia di vita

La strada della morte diventa una striscia di vita. Brulica di umanità la temibile SS 106, occupata dalle popolazioni joniche. Urlano contro il governo che vorrebbe seminare queste campagne di scorie radioattive.
“Ho 39 anni e sono malata di cancro. Perché Berlusconi non viene a fare la chemio insieme a me? Abito a poche centinaia di metri dal centro Enea della Trisaia. Ho sentito il dovere di venire a bloccare la strada insieme ai miei compaesani. Di qui non me ne vado”. Francesca non se ne va, e nemmeno tutti gli altri. I picchetti sono ovunque: Monte Giordano, Nova Siri, Scanzano, Metaponto. “Abbiamo paralizzato pure la Salerno-Reggio Calabria”, rivendica giulivo un ragazzo con la sciarpa degli ultrà del Taranto.
Sul confine tra le due regioni, il primo “altolà”. Questi sono calabresi, non scherzano. Anzi, sembrano i più arrabbiati. Non passerebbe neanche un moscerino, ma il cronista sì.
Pochi chilometri più avanti, ci si rende conto che il sit-in ha veramente spezzato in due il versante sud est della penisola. Ai lati della 106, scorrono aranci ed ulivi. L’emergenza nucleare sembra già scoppiata. Fermi i camion, queste contrade appaiono più deserte del solito.
Ma a pochi chilometri da Scanzano, la paralisi è totale. Pare che tutti, ma proprio tutti, si siano dati appuntamento qui. Almeno diecimila persone si stringono dietro striscioni che sprizzano creatività e collera. Trattori della Coldiretti, scuolabus carichi di bambini e tir tuonanti, piombano su questo tratto di asfalto e mandano i tilt la circolazione. Obbligatorio proseguire a piedi, fino alla testa del corteo, aperto dai gonfaloni comunali. Dopo i Sindaci, sfila la Lucania. Agricoltori, studenti, famiglie, quella che un tempo si chiamava “gente comune”, che poi tanto comune non è, visto che nessuno rifiuta il microfono. Quasi tutti hanno la freddezza di accompagnare la propria protesta con perentorie argomentazioni. Persino i ragazzini delle scuole medie, ti riempiono di informazioni sulle caratteristiche geofisiche del territorio e sul fatto che la Basilicata non deve mai più essere la pattumiera d’Italia. Prima il petrolio, poi le ombre nucleari dell’Enea di Policoro, quindi i progetti di megaelettrodotti, e adesso pure le fanghiglie radioattive.
Ha le idee chiare Maria, 52enne insegnante: “Siamo stati sempre sopraffatti, e probabilmente non abbiamo avuto la forza di ribellarci. Ma se questo disegno fosse stato avviato in Padania, ci sarebbe stata una sommossa. Troppi interessi economici da salvaguardare. Qui credono di trovarsi davanti i più deboli. Stavolta, però, non ce la faranno. Il nostro collegio docenti ha già deliberato un documento contro questa vergognosa operazione. Come facciamo a parlare di educazione alla legalità e rispetto dell’ambiente con i nostri alunni?”.
E per una volta, i ragazzi danno ragione alla professoressa. S’accendono i falò a Nova Siri. Nella lotta, un’intera comunità si ritrova. E negli occhi rimane lo striscione che fa il verso ad una pubblicità di successo: “Cosa volete dalla vita? Un lucano… sano!”.
Claudio Dionesalvi
Il Quotidiano, 19 novembre 2003

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