Il sopruso della Città dei Ragazzi

Mercoledì scorso è stato sorprendente vedere il sindaco in carne e ossa nella sede della III circoscrizione confrontarsi con i partecipanti all’assemblea, contrari alla costruzione di un centro commerciale a piazza Fera/Bilotti.
Perugini ha fatto un discorso democristiano. Di questi tempi, significa che ha detto cose di sinistra. Per il momento le ha solo dette. Bisogna vedere se le farà. Perché questa amministrazione sinora non ha fatto nulla. Anzi, ha combinato pure qualche grosso guaio. Tuttavia, nel suo intervento il primo cittadino ha fornito dati interessanti. Sono informazioni di cui si era già a conoscenza, ma vale la pena ricordarle. Per esempio, dall’epoca manciniana ad oggi, Cosenza ha speso un milione di euro per il progetto dell’architetto Caruso su piazza Fera. Un progetto che non sarà mai realizzato. Cosenza ha speso pure un altro milione dei fondi derivanti dal Pon Sicurezza per installare telecamere a circuito chiuso nel centro cittadino. Un progetto che secondo lo stesso sindaco non serve a nulla. Quattro miliardi delle vecchie lire gettati al vento. Però poi non ci sono i soldi per affrontare l’emergenza rifiuti, per migliorare le strade, la rete idrica e per erogare servizi importanti, come quelli riservati all’infanzia.
A proposito, la sentenza del Tar Calabria sul ricorso presentato dalle società che gestiscono la Città dei Ragazzi e la Biblioteca, è degna del migliore surrealismo. Venerdì scorso il Tar ha bocciato il ricorso, dando il via all’espletamento della gara. Bizzarra la motivazione fornita dal Tar: il ricorrente non ha partecipato alla gara stessa. Ma lo avrebbe bocciato anche nel caso contrario, se il ricorrente avesse partecipato. Significativo il fatto che nonostante il Tar avesse disposto la sospensiva, il Comune ha proceduto secondo i termini prestabiliti. Adesso le cooperative di tipo A si ritrovano ad un passo dall’estromissione e dalla conseguente definitiva perdita del posto di lavoro.
Che in Calabria non esista Stato di diritto, è risaputo. Ormai però siamo al paradosso. Rivolgersi ad un tribunale, significa rinunciare ad ogni speranza di ottenere giustizia, cioè “affidari i pìacuri aru lupu”. Più o meno come è accaduto nell’Istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello, la cui vicenda è tornata alla ribalta nei giorni scorsi. Se le ipotesi della procura saranno accertate, gli anziani e i disabili che non si trovano più, sono stati affidati ad una terribile macchina di morte. Contro questa macchina, negli anni novanta, hanno combattuto uomini dimenticati, spesso criminalizzati. Come Geppino Ianni, dipendente dell’IPG, sindacalista puro, protagonista di mille battaglie a favore della dignità degli ospiti e dei dipendenti dell’IPG. Chi si ricorda più di lui e del libro bianco sull’IPG, scritto da suo fratello Gianfranco? Qualche anno fa Geppino ha scelto di togliersi la vita, forse in conseguenza di uno stato depressivo provocato anche dalle continue lotte per la difesa del posto di lavoro nella struttura di cui si parla tanto sulle cronache nazionali in questi giorni. La sua è un vicenda umana cancellata. Una di quelle storie che Renato Curcio, nel suo intervento al Centro Occupato “Rialzo”, ci ha raccontato, solo pochi giorni fa. Ha destato piacevoli sensazioni sentirlo parlare di legami umani, relazioni e liberazione dalle categorie della politica. Peccato che il suo appello resterà inascoltato. Perché quanti a Cosenza sosteniamo di voler costruire un altro mondo, dovremmo deciderci prima di tutto a ricostruirci… dentro.
Claudio Dionesalvi
Appunti di Sopravvivenza, 16 marzo 2009
nota del lunedì
Radio Ciroma 105,700
www.ciroma.org

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