A Pio

… Mani da gigante, sguardo tenero e severo, voce dolce dolce, che sembrava perdersi e tutt’a un tratto riconquistava calore, passione, significanza.
Che grande persona era Pio Baldelli! Domenica 19 giugno, a Firenze, i malanni hanno avuto il sopravvento su un cuore che aveva resistito a decine di insidie. Teorico della controinformazione, demiurgo della comunicazione dal basso, esperto di cinema militante e neorealista, parlamentare per caso, direttore di Lotta Continua negli anni più crudi, docente universitario amato dagli allievi e temuto dalle gerarchie accademiche, autore di innumerevoli pilastri dell’editoria ribelle. Aveva il dono naturale della chiarezza espressiva. Persino le tematiche più complesse, sulla sua bocca diventavano elementari, senza smarrire mai l’intensità del messaggio. Grazie soprattutto alla firma di Pio Baldelli ed alla sua fedina penale aggredita da reati d’opinione, noi possiamo leggere i tetri capitoli della storia recente di questo paese.
Per qualsiasi studente, le sue lezioni divenivano estatiche. Si presentava in ateneo circondato da una piccola folla di matti geniali, funambolici poeti della strada, inventori, ricercatori improbabili e studentesse bellissime. L’aula di Magistero diventava una stazione interplanetaria, attraversata da creature formidabili. Ci trovavi di tutto. La ballerina di flamenco, Dario Fo, l’esperto di cucina, una giovane palestinese rifugiata, l’immigrato pestato pochi giorni prima dai bottegai fiorentini. Tutti raccontavano la propria storia, tessevano l’accogliente ragnatela di una pratica comunicativa auto-costituente, priva di appartenenze predefinite. Una volta, durante uno dei suoi infiniti show, ha sfidato i circa duecento studenti ad elencare tutti i possibili nomi popolari degli organi genitali femminili e maschili nei diversi dialetti della penisola. Due ore di risate da scoppiare. Colori vivi, ma anche note tristi: “Ragazzi, vi racconto un fatto che non ho mai narrato a nessuno…”. Ad intervalli regolari, il repertorio prevedeva un ricordo vivo di piazza Fontana, la tragedia di Pinelli, il tentativo di costringere i responsabili della morte del ferroviere anarchico ad uscire allo scoperto. Soltanto quando parlava di quegli anni, Pio diventava triste. Poi in un lampo ti prendeva per mano e attraversava gli anni settanta, portandoti in una fiaba piena di creature malinconiche e folletti sognanti. Della sua esperienza in parlamento, eletto nelle liste del Partito radicale, parlava con ironia: “Montecitorio? Un’area dismessa, uno spazio pubblico abbandonato. Però io sono riuscito a convincerli. Ci abbiamo realizzato dentro un bel cineforum”.
Baldelli era questo e tanto altro. Avrebbe potuto atteggiarsi a sacerdote dei movimenti, e invece preferì vivere in un fumetto. Quanti giovani mediattivisti moderni conoscono le gesta del padre della controinformazione?
Claudio Dionesalvi
CARTA settimanale, giugno 2005

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