Un Alvaro drammaturgo

Il Corrado Alvaro autore teatrale e cinematografico nell’ultimo libro di Michele Chiodo, instancabile minatore della cultura calabrese. Bibliotecario della Civica cosentina, Accademico, autore di autorevoli studi sugli umanisti Giovanni Simonetta e Battista De Tortis, esperto in pergamene e documenti antichi, Chiodo propone una ricerca che offre angolazioni inedite della produzione artistica alvariana. Nella prefazione al testo Antonio Piromalli sottolinea la ricchezza semantica del libro pubblicato per i tipi della Edizioni Calabria Antichissima.
«Alvaro – si legge – è stato visto quasi unicamente come narratore (mentre egli fu giornalista, saggista, traduttore, memorialista, poeta, storico, drammaturgo, autore di soggetti cinematografici, sceneggiatore ecc.) per il pregiudizio della superiorità dell’arte come liricità e che subordina tutti gli elementi storico-sociali alla bellezza formale». Chiodo si avventura nel terreno intellettualmente minato dell’indagine sugli aspetti estetici “marginali” che tuttavia svelano elementi determinanti sia ai fini della restituzione di una visione complessiva dell’immaginario di Alvaro, sia sul piano della conoscenza degli intrecci artistici con la cultura del suo tempo. Lo scrittore calabrese, per esempio, assume l’interessante ruolo di megafono del Pirandello, critico nei confronti degli attori cinematografici, definiti «relitti parlanti». Alvaro viene riletto alla luce dei rapporti con il realismo magico, l’intelligenza sotto il fascismo, il tuttologo Bragaglia. La lente d’ingrandimento si sofferma sulla sua capacità di restituire vitalità ai testi teatrali di altri autori. La tragicommedia di Calisto e Melibea, i Fratelli Karamazov, il Cavaliere della Luna.
Dunque, un Alvaro autore, ama anche traduttore, teso a scorgere elementi di “calabresità” nelle molteplici esperienze che ha vissuto fuori dalla terra originaria. Di ogni opera Chiodo fornisce coordinate storiografiche ed artistiche, supportate da brevi cenni critici e corredate da illustrazioni e fotografie relative alle messe in scena avvenute nei diversi contesti storici. Particolarmente suggestiva è la rievocazione della Lunga notte di Medea, un mito rivisitato in chiave moderna dal narratore di San Luca ed entrato nei canali della storia cosentina per l’ormai leggendaria interpretazione di Irene Papas, con la regia di Maurizio Scaparro, nel 1978 al teatro Rendano.
Michele Chiodo scolpisce un quadro dettagliato del percorso drammaturgico di Alvaro. Una ricerca che meriterebbe di alloggiare nelle biblioteche dei cultori di storia letteraria calabra ed alla quale non può prescindere lo studente che si addentra nella memoria artistica del teatro del ‘900.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 28 dicembre 1999

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