La Storia nelle lettere di un dirigente del PCI

La storia del ‘900 attraverso le lettere scritte e ricevute da Fausto Gullo, uno degli uomini politici che hanno ricostruito l’Italia dopo gli orrori del fascismo. Calabrese, giurista, comunista, Gullo arrivò ai piani alti dei Palazzi. Ministro dell’Agricoltura nei governi Badoglio e De Gasperi, dal 1946 ministro della Giustizia, continuò a guardare in basso, scrivendo il testo di quella riforma agraria che prevedeva la concessione delle terre incolte ai contadini. Una riforma che, se fosse stata applicata, avrebbe cambiato la storia del Mezzogiorno.
Fu una parabola umana e politica di tale levatura morale, quella dello statista calabrese coprotagonista del secondo dopoguerra, dinanzi alla quale impallidirebbe l’asfittico panorama parlamentare italiano dei nostri giorni. Con la prefazione di Piero Bevilacqua, per i tipi di Guida Editori, il giovane storico Oscar Greco pubblica “Caro compagno”, l’epistolario di Fausto Gullo, una vivace e gustosa raccolta di lettere custodite con cura.
Ricercatore presso l’università della Calabria, operativo nel prestigioso pool di studiosi raccoltosi intorno alla professoressa Amelia Paparazzo, Greco non è nuovo a simili imprese. È molto conosciuto e stimato soprattutto negli ambienti libertari per le sue interessanti pubblicazioni sulla storia degli anarchici italiani emigrati in America.
Il volume dedicato a Gullo, mantenendosi ancorato al rigore scientifico che da sempre ispira il gruppo di lavoro da cui Greco proviene, nel fluire delle pagine assume il ritmo del romanzo storico a puntate. Resterà spiazzato chi si aspetta la consueta monotonia degli epistolari. A parlare sono le voci degli interlocutori dell’illustre destinatario: personaggi politici, donne ed uomini del popolo, parenti, compagni di lotta. Ogni singola missiva, persino la più apparentemente frivola, rivela una potente carica ideale. Gullo era un punto di riferimento per tanti. A partire dal traumatico triennio che porterà il fascismo al potere e fino al secondo dopoguerra, i mittenti delle lettere gli descrivono situazioni politiche e condizioni sociali dei rispettivi territori, ragionando con lui sulle sorti del Paese. La sua personalità traspare proprio dal grande rispetto che manifesta nei confronti degli interlocutori. È una corrispondenza serrata, a tratti carica di pathos, mai inficiata da personalismi e cadute di stile. Grazie ad un gioco di specchi, l’intensità che pervade le parole dei corrispondenti riflette l’immensa capacità politica del ricevente, la sua straordinaria umanità. E quando è proprio egli stesso a scrivere, non si esprime mai con tono populistico, nonostante la mente di Gullo, all’interno del P.C.I., all’epoca fosse una di quelle più sensibili ai linguaggi delle masse che nel partito trovavano un approdo esistenziale, oltre che politico. Così nel suo epistolario capita di ritrovare, gomito a gomito, Togliatti e la maestrina che chiede lumi sul materialismo storico, il militante della remota sezione di un paesino sperduto e il collega ministro. Lo stesso figlio di Fausto, quel Luigi Gullo che diverrà autorevole e stimato penalista, all’amore verso il padre alterna lucide disamine dei diversi contesti storici e politici. Ne scaturisce l’immagine di un Paese spaccato dallo scontro di classe e da enormi differenze sociali e culturali, ma generalmente proteso verso una coraggiosa ricostruzione civile prima ancora che statuale. Il libro di Oscar Greco rappresenta un’utile e piacevole lettura per gli appassionati di storia e per coloro i quali si sentono orfani della sinistra, però sperano ancora di ritrovarla alla fine del deserto in cui vaghiamo. È soprattutto un lavoro prezioso per quanti vorrebbero rinverdirne il sistema valoriale. C’erano una volta la coerenza e l’etica comunista. C’era una volta Fausto Gullo.
Claudio Dionesalvi
il manifesto, mercoledì 13 maggio 2015
1 Comment
  • Francesco Spinelli
    settembre 22, 2019

    Questo San Giovanni in Fiore ha ricordato la storica visita di De Gasperi e il famoso balcone da cui ha fatto il discorso.
    L’evento è stato fortemente voluto da Franco Laratta ha completamente rimosso il contesto storico in cui la visita è avvenuta e cioè la strage di Melissa dove il 29 ottobre 1949 caddero uccisi dalla polizia di Scelba tre braccianti poveri Angelina Mauro Francesco Nigro e Giovanni Zito. Molti altri rimasero feriti tra quella folla affamata vestita di stracci che all’alba era uscita dalle casupole di Melissa e si era messa a zappare la terra incolta del barone Berlinghieri.
    Quei morti non erano i primi
    Era già caduta in Calabria, Giuditta Levato e altro sangue era stato sparso in Abruzzo, in Sicilia e altrove durante i moti contadini che scossero il mezzogiorno in quegli anni convulsi del primo dopoguerra.
    Ma Melissa segno una svolta. Una svolta politica. Mi lo

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