Crotone, il centro dei misteri

CROTONE – A Crotone  è calato un silenzio poco pasquale sulla drammatica fuga di 400 migranti dal Cpa-Cpt, avvenuta nei giorni scorsi. Sono palestinesi, iracheni, ma anche uomini e donne provenienti da paesi africani in preda a guerre civili. Attraversano il deserto e il mare per sbarcare a Lampedusa, prima di essere trasportati nel centro di “accoglienza” realizzato dietro le sbarre di Sant’Anna a Crotone.
Lunedì scorso, quando un gruppo di attivisti delle associazioni antirazziste ha presidiato l’esterno del Cpt e il deputato del Prc Mantovani è entrato nella struttura, era già in preparazione un aereo che avrebbe dovuto rispedire i migranti in Libia. Di fronte a questa prospettiva, circa 400 disperati avrebbero tentato la fuga.
Non è dato sapere se ad evadere siano stati gli “ospiti” del Cpa, oppure quelli detenuti nel vicino Cpt. Le imminenti elezioni, le festività pasquali, il timore di ritorsioni fanno strage della verità ovattando ogni residua speranza di trattare in maniera meno isterica la questione dei migranti. Di certo, negli ultimi due giorni, i parlamentari in visita ispettiva hanno rilevato  la presenza di persone segnate da ferite e contusioni. È “giallo” quindi sugli strumenti che sarebbero stati utilizzati per limitare la fuga dei migranti, che agli ispettori avrebbero esibito ferite verosimilmente provocate da scariche elettriche.
La notizia, pubblicata in anteprima dal nostro giornale e da il Manifesto, e confermata anche dalla Questura di Crotone (che avvalora pure la tesi delle ferite provocate nel tentativo di alcuni di scavalcare le recinzioni), ha suscitato prevedibili reazioni. Secondo Nuccio Iovene, senatore dei Ds, “Bisogna garantire alle associazioni umanitarie che ne fanno richiesta, la possibilità di accedere al centro. Non c’è nessuna ragione di segretezza. Al contrario, un maggior coinvolgimento della società civile organizzata sul territorio, rafforza la sicurezza e la possibilità di gestire in maniera umana e dignitosa la questione. È necessario far conoscere i diritti di queste persone, a partire dal diritto a presentare domanda di asilo. Questo di Crotone è un centro al momento ibrido, perché tra pochi giorni, nel momento in cui entra in vigore il regolamento sull’asilo previsto dalla legge “Bossi-Fini”, dovrebbe diventare luogo di identificazione. Molto dipende dalla capacità di avere a Crotone, come già l’Arci, il sindacato e le altre associazioni fanno, una struttura permanente. Sarebbe opportuno ed utile che la risposta della chiesa locale e di coloro i quali hanno a cuore i diritti di queste persone, producessero strumenti che garantiscano la possibilità di far valere le tutele che le convenzioni internazionali garantiscono… purtroppo oggi molto affievolite”.
Di parere analogo Giovanni Russo Spena, deputato del Prc: “Sulla vicenda tremenda di Crotone, su cui va fatta chiarezza, e su cui chiederemo formalmente spiegazioni al governo, convergono due elementi di fondo. Il primo è la funzione dei Cpt. Si tratta di vere e proprie galere etniche in cui sono rinchiuse persone che non hanno commesso alcun reato. Detenute lì solo perché migranti. Nei giorni scorsi ho visitato Borgo Mezzanone vicino Foggia. Il rischio è che anche i centri di identificazione dei richiedenti asilo vengano assorbiti dentro le galere etniche, i Cpt. Siamo di fronte a nuovi centri misti, che peggiorano la situazione attuale. È una linea tremenda, solamente repressiva, che considera non solo l’immigrazione un problema di ordine pubblico, ma nega ed abbatte il diritto d’asilo. In Italia l’articolo 10 della costituzione così come la convenzione di Ginevra, sono disattesi continuamente. A Lampedusa abbiamo avuto deportazioni di massa: persone che pur fuggendo da torture, non hanno avuto nemmeno il tempo di fare le domande e probabilmente sono state rimandate nelle mani dei loro carnefici. In diversi Cpt ho visto sbarre con dentro fili elettrici per evitare le fughe. Non so se a Crotone siano state usate cose simili. Non vorrei che fossero avvenute violenze e vendette quasi private. Cosa che non può accadere, perché lo Stato ha il dovere di difendere coloro che detiene nelle proprie mani.
Claudio Dionesalvi
Il Quotidiano, 27 marzo 2005

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