Dietro gli incendi c’è il drago cementifero e legnaiolo

L’ho visto da vicino, il drago deprimente. Sgattaiolava dietro le sterpaglie infuocate, sguazzava nella soffocante coltre di fumo che per le narici sue diventa ossigeno prezioso. Soffiava sulle fiamme, le coccolava per alimentarle. È una vecchia conoscenza degli ambientalisti e dei movimenti che tanti zerbini dell’italico opinionismo definiscono “Nimby” (Not In My Back Yard, «non nel mio giardino»). Nel suo ultimo libro sulle lotte No Tav, “Un viaggio che non promettiamo breve”, un mio amico, il compagno WuMing1, la chiama “Entità”. Quaggiù siamo abituati a darle un nome antico, ’ndrangheta, ma in effetti è qualcosa di più complesso, moderno e articolato. Ormai non ci sono dubbi: è soprattutto lui, il drago mangia-legno e sputa-cemento, ad appiccare gli incendi che in questa estate stanno distruggendo boschi, minacciando centri abitati, uccidendo persone.
L’avevo visto già in azione sul Tirreno cosentino, negli anni settanta. Prima andarono a fuoco vaste estensioni di macchia mediterranea, poi i torrenti furono saccheggiati e soffocati, quindi arrivarono i cantieri, alla fine sparirono le spiagge e il mare si tinse di marrone.
L’ho rivisto ieri nei pressi di Crotone, nel comune di Isola Capo Rizzuto, dove la pineta di Sovereto è una soffice e gigantesca mano verde protesa a vivificare la spiaggia, rendendo soffice e greco il paesaggio. Silvio Messinetti, Giuseppe Tiano e io abbiamo attraversato le sterpaglie incenerite, respirato il monossido di carbonio, parlato con le persone che, anno dopo anno, ogni estate affrontano le malefatte del drago. Ci hanno spiegato che agisce in modo scientifico, ha studiato i venti, entra in azione quando la situazione gli è propizia. Semina fiammelle qua e là, poi fugge e si acquatta lontano, dove può godersi l’esito del suo caustico gesto, in attesa che arrivino le ruspe.
In località Sovereto l’elicottero è arrivato tardi, sballottato da una parte all’altra del cielo, catapultato a spegnere la miriade di incendi che ogni giorno funestano le Calabrie. Allora a contenere le fiamme fino allo spegnimento definitivo, sono state le persone che vivono della pineta e la amano. Provvidenziale la presenza degli attivisti dell’Arci di Crotone, impegnati nell’Another Beach Project. Se il rogo, dopo aver fagocitato gran parte della pineta, non ha divorato anche il campeggio e con esso le persone che in quel momento si trovavano al suo interno, è merito soprattutto loro. Hanno dato manforte ai pompieri, impugnato le lance ad acqua e rischiato la vita pur di arginare le vampe. Ennesima conferma che per frenare la devastazione funzionale delle risorse naturali, l’unica forma di resistenza possibile è la presenza umana attiva nei territori, a difesa di acqua, aria e terra. Il quarto elemento, il fuoco, non sarebbe di per sé cattivo, ma sputato dalla bocca di quel drago deprimente…
Claudio Dionesalvi
(foto di Giuseppe Tiano)

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