Il misterioso fascino delle leggende urbane

La fine del millennio stimola il tam tam della strada. C’è una zona d’ombra tra la verità enunciata nei fatti di cronaca e la fantasia popolare. E non sempre è facile distinguere la realtà dalle dicerie. Le leggende urbane esistono in ogni angolo del pianeta. Nella grande metropoli, come nel piccolo paesino sperduto o in provincia, il passaparola di strada, scandito da persone comuni che non hanno alcun rapporto diretto con i mass-media, esiste ancora e riesce a penetrare nelle credenze popolari. Il cosiddetto “chiacchiericcio”: voci, fatti, misteri, partoriti da una mente qualunque, passano di bocca in bocca e, una volta amplificati, raggiungono le orecchie di migliaia di persone. Sono ondate di informazioni spontanee, spesso nascono per puro caso e alla fine riescono a contaminare la realtà. Bande di sequestratori che rubano gli organi per venderli sul mercato clandestino dei trapianti, coccodrilli che escono dalla vasca da bagno, grossi felini avvistati nelle gallerie della metropolitana. Storie che, gira e rigira, ogni tanto finiscono sulla carta dei quotidiani, condizionando il senso comune. Ogni città ha le sue leggende e custodisce i propri misteri. Spesso, si tratta di verità inconfessabili, di cui tutti sono a conoscenza, ma nessuno si azzarda a svelarle pubblicamente. Ma può anche trattarsi di autentiche sciocchezze, inventate per gioco e cristallizzate nella cultura di massa. Cosenza ha le sue leggende moderne, diverse da quella di Alarico, perché riguardano il presente, l’attualità, la vita quotidiana di una “area urbana” che ospita 250mila abitanti. Alcune, meritano di essere raccontate.
Il violenta cadaveri. Da anni se ne sente parlare. Qualcuno afferma che è stato addirittura individuato e denunciato. Stando alle voci popolari, nelle notti più buie e fredde, un uomo di mezza età si aggirerebbe intorno agli obitori ed ai cimiteri della città e dei paesini del circondario. Eludendo la sorveglianza dei custodi, questo personaggio misterioso violerebbe i cadaveri delle donne defunte, producendo macabri amplessi con i corpi inanimati. Il mattino seguente, quando i congiunti della persona deceduta entrano nella camera mortuaria, troverebbero l’agghiacciante sorpresa del cadavere profanato. Inizialmente, si pensa al rito di una setta satanica o all’azione di qualche esaltato, ma poi i primi rilievi sul corpo straziato dimostrerebbero che ad agire sarebbe stato un uomo solo. Il fatto può apparire incredibile, ma trova fondamento nella verità scientifica. Esiste, infatti, la necrofilia: una forma di malattia mentale, una perversione, che porta a provare attrazione sessuale per i cadaveri. Sono soprattutto gli anziani a raccontare questa storia ai più giovani. È una specie di monito per le nuove generazioni. Una vecchietta, residente nella zona di Sant’Ippolito, giura che è una storia vera e localizza l’area di provenienza del maniaco nella zona della presila. Gli antropologi non avrebbero difficoltà ad individuare il messaggio contenuto in una vicenda così cruda: la sessualità è un universo poco conosciuto e il piacere rimane un fatto soggettivo, legato alle pulsioni più remote.
Ladri di bambini. La scena del delitto è un noto centro commerciale. Il fatto risalirebbe a due anni fa, nel periodo di Natale. Una voce incontrollata attraversò i luoghi di ritrovo della città, facendo accapponare la pelle dei cosentini. Nei saloni dei barbieri, negli uffici e nelle parrocchie circolava una notizia terrificante: un gruppo di nomadi slavi sequestra i bambini e li rivende in medioriente. Secondo il racconto, la banda sarebbe stata sorpresa nei bagni di un ipermercato. I rapitori avrebbero appena sottratto un bimbo ad una madre distratta e, dopo avergli tagliato i capelli, sarebbero stati in procinto di narcotizzarlo. Pare che il piccolo fosse già pronto per essere infilato in una valigia, che sarebbe servita a portarlo all’esterno del centro commerciale. Stando al racconto popolare, solo l’intervento fortuito di un cliente avrebbe messo in fuga i rapitori. L’improvvisa ondata di “panico morale” – come lo chiamano alcuni sociologi – rimbalzò sulle bocche, alimentando i pregiudizi contro i nomadi. Polizia e carabinieri hanno sempre smentito.
Il prete sfruttatore. C’è chi è pronto a giurare che non si tratti di una leggenda, ma di un fatto verissimo e pare che ci sia un fascicolo aperto in Procura. Un prete residente in provincia approfitterebbe degli immigrati clandestini, costringendoli a lavorare in cambio di una miseria. Secondo la narrazione sotterranea, il misterioso prelato avrebbe creato una specie di agenzia per l’arruolamento degli schiavi del terzo millennio. Prostituzione, lavori servili e contrabbando di sigarette sarebbero le attività principali, mascherate in modo da farle apparire come semplici prestazioni offerte dagli immigrati, in cambio di un piatto di minestra o di un rifugio notturno.
Il mostro del bosco. La fantasia trova una valida alleata nella realtà e questo episodio, realmente accaduto tre anni fa, lo conferma. Nella Valle del Savuto, un pastore aveva avvistato uno strano animale. Grande come un grosso cane, ma con le sembianze del topo. L’avvistamento era stato segnalato ai carabinieri. Gli abitanti della zona erano terrorizzati e si barricavano in casa. Ma dopo una battuta di caccia, il “mostro” fu catturato e abbattuto. Era una grossa nutria, un roditore, una specie di via di mezzo tra il ratto di fogna ed il castoro. Vive prevalentemente in centro Italia. Non è difficile vederlo sguazzare nel fiume Arno. Effettivamente non è un animale da salotto, ma è innocuo. Qualcuno, per motivi sconosciuti, lo aveva importato in Calabria. Forse, la nutria era sfuggita al suo padrone, andando incontro ad un tragico destino. È rimasta vittima della fantasia popolare.
Lo “zingarello” morso dai topi. L’episodio viene raccontato nel circuito degli obiettori di coscienza, che svolgono il servizio civile nelle strutture della Caritas, e trova un minimo di conferme in alcuni servizi giornalistici. Qualche anno fa, un neonato del quartiere Gergeri sarebbe stato trovato sanguinante nella sua culla. Durante la notte, un branco di topi lo avrebbe attaccato e solo le sue urla di dolore lo avrebbero strappato ad una morte orribile. Tuttora, alcune famiglie rom dormono con la luce accesa per tenere lontani i topi. Più che di una leggenda urbana, in questo caso, si tratta del verosimile riflesso amaro di una cruda realtà sociale.
La faina di Cosenza vecchia. È una voce dei giorni nostri: nel centro storico sono stati ritrovati tantissimi piccioni sbranati e i responsabili di questa strage non sarebbero i gatti randagi del quartiere, ma una faina: mammifero carnivoro, cacciatore degli animali da cortile, che vive in campagna. Se confermato, il fatto sarebbe strano, perché la faina vive in campagna e se ne sta alla larga dai centri abitati.
Il poliziotto mano-lunga. L’incubo dei fumatori di marijuana e dei bulli di quartiere. Da anni, nelle sale giochi si sente sussurrare la storia di questo personaggio fantastico, che molti affermano di aver incontrato e toccato con mano. Anzi, pare che sia stato lui a “toccare” i genitali e le zone erogene dei malcapitati, approfittando di ordinarie perquisizioni. Secondo le maldicenze, l’agente di polizia, spinto da una presunta tendenza omosessuale, infilerebbe volentieri le dita nelle zone proibite, con la scusa dell’ispezione intima. E a chi opponesse resistenza, il pubblico ufficiale mollerebbe due ceffoni educativi. Nell’era di internet c’è ancora spazio per menestrelli e cantastorie.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 27 dicembre 1998

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