Tanzania, solidarietà dal basso nel pantano della burocrazia

Dal mittente al destinatario. Sdoganare un container di aiuti umanitari costa 10mila euro. Molto più facile esportare carichi «maggiorati» di oro e rame
Claudio Dionesalvi – DAR ES SALAAM
Il poster di Papa Francesco campeggia nella sede tanzaniana della Caritas. Chissà se Bergoglio sa che sdoganare un container di aiuti umanitari dal porto di Dar es Salaam, pur transitando da questi uffici, costa quasi 10mila euro. Tanto ha dovuto scucire “La Terra di Piero”, associazione cosentina impegnata nella solidarietà senza confini né barriere, per consegnare alimenti, medicinali, materiali didattici e giochi ai bambini malati di Aids, disabili ed ospiti degli orfanotrofi. Quattordici tonnellate di aiuti raccolti dal basso, recapitati a domicilio da una decina di volontari determinati ad aggirare il pantano burocratico che ovunque si frappone tra mittenti e destinatari delle missioni umanitarie.

GRATTACIELI E BARACCHE di fango, fogne a cielo aperto e stradoni asfaltati, slum e centri direzionali, minigonne e burka. La metropoli non si smentisce. Dar es Salaam è l’agglomerato meno tipico della Tanzania, eppure ne riassume complessità e contraddizioni. Distante dalla turbolenta Zanzibar, concentra su di sé il melting di culture assestatosi in un apparente equilibrio perfetto, all’esito della centrifuga colonialista. La vocazione modernista adagiata sul sostrato tradizionale riecheggia nei ritmi forsennati della musica mchiriku, che capita di ascoltare per strada. Rap, ragamuffin e techno s’incontrano in salsa ngoma.
IL QUADRO ODIERNO appare distante dal Paese edificato più di mezzo secolo fa da Julius Nyerere. L’Ujamaa, la famiglia allargata, antico fondamento del contratto sociale nei villaggi, riadattato a proprietà agricola collettiva in chiave socialista nel ‘900, è stato di fatto espiantato dalle violente spallate del neoliberismo sin dagli ultimi decenni del secolo scorso. Qui come in Europa, l’effetto domino si abbatte sulle categorie discriminate. I gay su tutti. Come i neri albini, subiscono pregiudizi e rappresaglie. Messi peggio di loro, solo i rifugiati. Relegati nei campi profughi del nordovest , per effetto dell’encampment policy, vegetano 310mila profughi, 65mila dei quali provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo, e tutti gli altri dal Burundi.
In generale, la situazione sanitaria si conferma molto critica. L’Hiv si attesta intorno all’8 percento. Pare abbia registrato un calo nel decennio scorso, per risalire di recente. Intanto, ad attrarre gli interessi multinazionali continuano ad essere le risorse naturali del Paese, ricchissimo nel sottosuolo, lussureggiante nel paesaggio che affiora dalla stagione delle piogge. Secondo un recente rapporto investigativo redatto dai locali organi inquirenti, la società ACACIA Mining, concessionaria delle attività estrattive nelle miniere di oro e rame in Tanzania ed altri Stati africani, avrebbe omesso di dichiarare la presenza di materiali come zolfo, ferro, iridio, titanio e zinco nei container esportati. E nella distinta sarebbe stato riportato solo un quantitativo di oro pari a 1,1 tonnellate, a fronte delle 11 effettive estratte e trasportate. Principale azionista dell’industria mineraria è la Barrick Gold. ACACIA respinge le accuse, ma il presidente John Magufuli non ha esitato a dimissionare il ministro delle attività minerarie Muhongo, responsabile degli omessi controlli. Magufuli è il classico uomo forte, impegnato da tempo in un’aspra campagna anticorruzione. Oltre diecimila dipendenti pubblici titolari di falsi diplomi e titoli di studio sono stati licenziati nell’aprile scorso.

ALL’INTERNO di questo contesto viaggia la missione autogestita de “La Terra di Piero”. L’itinerario degli aiuti umanitari prevede consegne a Dar es Salaam, Morogoro, Iringa, Dodoma e Migoli. In molte di queste località la carovana incontra anche italiani impegnati in progetti di cooperazione internazionale, che testimoniano quanta concretezza risieda nell’opera di tanto associazionismo a vari livelli. Sono esperienze ad alto impatto sociale, come quella del dottor XXX che nella metropoli, per conto della fondazione italiana XXX, si occupa di sostegno e recupero di ex prostitute e donne abusate e violentate. Dal canto suo, nella ridente Iringa la Ong “Call Africa” gestisce “Sambamba”, una struttura per la riabilitazione su base comunitaria delle persone disabili. A capo c’è un’italiana immigrata quaggiù, Alessia La Rosa. I terapisti specializzati che curano bambini con problemi neurofisiologici, sono coadiuvati da personale locale, appositamente formato.
A MOROGORO, gli attivisti de “La Terra di Piero” sono accolti da padre Riccardo Riccioni, un francescano che ha fondato la scuola secondaria “Alfa”, frequentata da migliaia di studenti. Il missionario precisa subito che non accetta alcuna forma di aiuto, né in denaro né in beni di consumo. Ma di fronte all’offerta di due incubatrici donate dall’ospedale di Perugia, sorride e mette in funzione le preziose strumentazioni nel suo dispensario, dove numerose sono le donne che danno alla luce bambini destinati a morire in poco tempo per mancanza di cure.
La consegna all’orfanotrofio di Morogoro del forno a legna donato dalla famiglia di Valeria Greco, giovane volontaria deceduta in un incidente stradale, l’assemblaggio di un parco giochi presso la clinica per bambini malati di Aids di Dodoma, i medicinali all’ospedale della zona desertica di Migoli, le suppellettili per dotare un’aula nella nascente scuola di Iringa e i contatti per avviare progetti di cooperazione e scambio: sono queste le ultime tappe del cammino.

LA CAROVANA SI SCIOGLIE. Negli occhi rimangono prepotenti i colori dei kanga, indumenti tradizionali indossati dalle donne che ogni giorno, trasportando bambini, acqua e mais, si caricano sulle spalle un intero Paese e molto altro. Nelle orecchie la parola karibu. Appena incontrano un forestiero, in Tanzania tutti pronunciano questo messaggio di benvenuto. È una ritualità, un segno convenzionale, ormai in totale disuso a nord del Mediterraneo.

“il manifesto”, 28 giugno 2017

(le foto sono di Deborah Mirabelli)
“La Terra di Piero” è un’associazione fondata nel 2011 a Cosenza, dedicata alla memoria del compianto Piero Romeo, ultrà del Cosenza Calcio, compagno degli ultimi e degli emarginati. Lo spirito di solidarietà senza confini ha sempre contrassegnato ogni passo della sua vita, dall’impegno nell’Oasi Francescana ai viaggi in Africa.
In questi sei anni di vita, l’associazione si è fatta promotrice di tantissime iniziative benefit. Ha raccolto fondi soprattutto realizzando spettacoli teatrali in vernacolo, che hanno riscosso una partecipazione popolare straordinaria. Ha effettuato interventi umanitari in Repubblica Centrafricana, Madagascar e Tanzania, alcuni dei quali concretizzatisi nella costruzione di scuole e strutture per l’infanzia. Nel 2016 ha realizzato nel centro di Cosenza un parco giochi accessibile ai bambini disabili e normodotati.

Tanzania pamoja Cosenza. Prima tappa: Lunedì 29.05.2017 – Dar es Salaam

Tanzania pamoja Cosenza. Seconda tappa. Mercoledì 31.05.2017 – Morogoro

Cosenza pamoja Tanzania. Terza tappa. Venerdì 02.06.2017 – Iringa

Cosenza pamoja Tanzania. Quarta tappa. Domenica 04.06.2017. Alla ricerca del container perduto

Cosenza pamoja Tanzania, quinta e ultima tappa. Lunedì 05.06.2017, il lungo viaggio di ritorno a casa.

 

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *